Un gruppo di lavoro per la promozione di metodi alternativi all’impiego di animali nelle sperimentazioni scientifiche è stato istituito presso il Ministro della Salute.
«Finalmente ci siamo dotati di uno strumento di civiltà. Il monitoraggio delle sperimentazioni sull’utilizzo di animali è una conquista etica, ma anche scientifica. Occorre bilanciare gli interessi della ricerca e della scienza con la necessità di andare oltre i metodi tradizionali per ridurre al massimo fino a superare l’utilizzo degli animali», dichiara il ministro della Salute, Giulia Grillo.
Il gruppo di lavoro è costituito, oltre che dai rappresentanti istituzionali, da esperti sui metodi alternativi in bioetica e sperimentazione animale. L’organismo si avvarrà inoltre dei contributi degli stakeholder individuati mediante una procedura di manifestazione di interesse come da avviso che sarà pubblicato sul sito del Ministero della Salute.
Il gruppo di lavoro dovrà riunirsi con cadenza mensile e ogni sei mesi dovrà presentare una relazione al ministro.
Un passo avanti verso una nuova civiltà, quindi. Ogni anno 900.000 animali sono sottoposti a test per la ricerca medica, ma anche per l’industria cosmetica e bellica e ciò pone delle domande di natura etica che sono ancora controverse e di difficile soluzione: l’uomo ha il diritto di torturare e uccidere animali per cercare di migliorare la propria salute? È davvero necessario utilizzare queste creature o è possibile trovare alternative altrettanto valide, se non addirittura più efficaci, per testare farmaci e cure?
Sono questi gli interrogativi a cui sono chiamati a rispondere gli esperti convocati dal Ministero della Salute, che avranno il compito di suggerire metodi sperimentali che non prevedano l’impiego di animali. Per il momento, “l’impiego di animali vivi continua ad essere necessario per tutelare la salute umana e animale e l’ambiente”, dice la legge. Ma è veramente così?
Secondo le statistiche, i modelli animali hanno mediamente una predittività del 70%, con variazioni che vanno dal 30% della pelle al 90% del sangue. Resta un 30% di tossicità non prevista, una percentuale comunque elevata che non giustifica la crudeltà gratuita perpetrata ai danni di creature indifese.
Come vengono scelti gli animali da laboratorio? La scelta non è casuale, ma dipende dal livello di complessità di quella specie, da quanto la si conosce, da quanto sia “naturalmente” affetta dalla malattia che si sta studiando, da quanto un certo organo sia simile al suo corrispettivo umano.
La ricerca biomedica ha da sempre impiegato gli animali per mettere a punto nuovi medicinali, sperimentare tecniche chirurgiche all’avanguardia e osservare l’evoluzione delle malattie su organismi animali, per comprenderne meglio i meccanismi di attacco sul corpo umano. Di pari passo con i progressi della scienza medica, tuttavia, sono aumentati i dubbi sulla liceità della ricerca sugli animali che, negli ultimi anni, è finita al centro di un dibattito piuttosto acceso.
La ricerca delle alternative ha portato allo sviluppo di tecnologie moderne come le simulazioni al computer o i test in vitro che consentono di prevedere gli effetti biologici di alcuni composti e di ottenere dati veritieri, seppure parziali, in quanto i test vengono eseguiti su materiale biologico umano.
Negli ultimi anni l’opinione pubblica è stata particolarmente sensibilizzata sul tema dal movimento animalista che ha già ottenuto un grande risultato: industrie cosmetiche e del settore chimico hanno iniziato a investire denaro nella ricerca di metodi alternativi per testare i loro prodotti.
Un piccolo passo avanti ma l’addio alla sperimentazione animale è purtroppo ancora lontano. L’auspicio è che il tavolo di lavoro istituito dal Ministero della Salute rappresenti un’occasione di dialogo e confronto, ma anche di ricerca efficace di alternative che possano evitare inutili sofferenze a creature indifese.