L’ Artico è in piena emergenza climatica. È da oltre un mese, ormai, che gli incendi stanno devastando vaste aree della Siberia e dell’Alaska, oltre il circolo polare artico. Coinvolta anche, in misura minore, la Groenlandia.
La situazione peggiore si riscontra nelle aree settentrionali della Russia dove, solo nella giornata di ieri, a causa delle temperature che hanno superato i 30 gradi, sono andati perduti 3.2 milioni di ettari di foresta. Dall’inizio del 2019, invece, si sono persi 12 milioni di ettari di verde, quanto l’Italia settentrionale.
Il mondo resta a guardare, preoccupato e incredulo, per quello che sta accadendo nelle regioni artiche e per le conseguenze che questi incendi dalle proporzioni vastissime potrebbero avere sul pianeta. In pochi giorni, infatti, sono stati emesse in atmosfera circa 100 megatonnellate di biossido di carbonio, una cifra pari alla quantità di anidride carbonica prodotta in un anno da una nazione come il Belgio.
Ad allarmare gli scienziati è il fatto che a bruciare non sono solo i tronchi degli alberi, ma i terreni di torba, che altro non sono che depositi di carbonio essi stessi. Ciò rende le fiamme ancora più difficili da domare e amplifica la gravità della catastrofe ecologica perché aumentano in modo esponenziale la quantità la CO2 rilasciata in atmosfera e il riscaldamento globale.
Una spirale senza fine, insomma, visto che proprio il global warming e i cambiamenti climatici sono alla base di tutte le anomalie che stiamo vivendo nell’ultimo periodo. Gli ambientalisti temono che questa situazione possa accelerare lo scioglimento dei ghiacciai nell’Artide.
Non è la prima volta che la Siberia viene colpita da incendi nel periodo estivo ma quest’anno il fenomeno è fuori controllo. La causa risiede probabilmente nell’aumento delle temperature, che complica le operazioni di spegnimento del fuoco. Basti pensare che giugno è stato il mese più caldo mai registrato prima e probabilmente sarà lo stesso anche per luglio e agosto.
Il presidente Vladimir Putin, dopo avere lasciato che fossero le autorità locali a gestire la crisi, ha dichiarato lo stato di emergenza e mobilitato l’esercito. A supporto dei vigili del fuoco, quasi 2.700 chiamati in causa, il ministro della Difesa ha inviato aeromobili ed elicotteri, che stanno intervenendo nel territorio di Irkutsk, a Verkhojansk e nella regione di Krasnojarsk.
Il Presidente statunitense Donald Trum ha telefonato al suo omologo in Russia per offrire aiuto a domare le fiamme. Offerta prontamente rifiutata dal Cremlino anche se, ha ammesso Putin, questo gesto è un chiaro segno del fatto che è “possibile ripristinare totalmente le relazioni” tra Russia e Usa “in futuro”.
“Il cambiamento climatico porta alle conseguenze più inaspettate e spiacevoli quando stiamo annegando e bruciando allo stesso tempo. Per evitare scenari catastrofici, è necessario ridurre le emissioni di gas serra: fermare la combustione di petrolio, carbone, gas, prevenire gli incendi, ripristinare le foreste, cambiare le abitudini delle persone legate allo spreco di risorse del pianeta”, ha dichiarato Vladimir Chuprov, capo del programma energetico di Greenpeace in Russia.
Anche Nicolai Lilin, lo scrittore moldavo autore del bestseller Educazione Siberiana, si è pronunciato sulla vicenda: “La situazione in Siberia peggiora ogni ora. Oggi il territorio della foresta colpita dall’incendio ha varcato la soglia dei quattro milioni di ettari, è il doppio di quanto era l’altro ieri. Purtroppo le condizioni climatiche sono favorevoli allo sviluppo della tragedia, i testimoni raccontano che le raffiche del vento sono come i colpi di lanciafiamme”.
A peggiorare la situazione, anche le forti inondazioni causate dal maltempo in alcune zone. Nella regione di Irkutsk, in Siberia, a causa di una nuova violentissima inondazione sono state evacuate molte migliaia di persone. Secondo i soccorritori, centinaia di terreni agricoli e abitazioni sono finite sommerse dall’acqua. Le autostrade sono allagate, nei distretti di Shelekhovsky e Ziminsky, oltre 500 bambini e lavoratori sono stati evacuati da quattro colonie.
Un disastro dalle proporzioni epiche, che il mondo non può semplicemente restare a guardare. Molto si è detto sul cambiamento climatico e sulla necessità di intervenire tempestivamente ma le belle parole spese ancora non si sono tradotte in fatti. Una bella stretta di mano e ognuno a casa sua.
Ma la natura, ancora una volta, ci ricorda che non c’è tempo da perdere, che attuare delle politiche globali a difesa dell’ambiente è urgente e necessario. Quest’estate segnerà un chiaro punto di svolta nella discussione politica sui cambiamenti climatici, ma intanto c’è già chi ne sta pagando le spese.