Clima e salute: il riscaldamento globale costa caro agli italiani

Milioni di ore di lavoro perse, diffusione di malattie, calo nella resa dei raccolti, perdita di vite umane: queste le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla salute in Italia

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L’utilizzo di fonti fossili sono una minaccia consistente per la salute umana: l’inquinamento dell’aria e i cambiamenti climatici che derivano dalla combustione di idrocarburi hanno conseguenze molto significative. Tutti aspetti, questi, cui l’Italia è interessata in maniera diretta, dal numero (elevatissimo) di morti per esposizione a particolato, fino alla diffusione di malattie infettive e al crollo della produttività in vari settori (oltre il 10%).

Numeri e dettagli sono al centro di “The Lancet Countdown 2019: Tracking Progress on Health and Climate Change” il rapporto presentato a Venezia nel corso di un evento organizzato dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e dall’Università Ca’ Foscari Venezia. L’incontro ha offerto l’opportunità di discutere con gli esperti i dati più recenti su come il clima stia influenzando la nostra salute, a livello globale e con un’attenzione specifica sull’Italia.

Pubblicato dalla prestigiosa rivista di scienze mediche, il rapporto riunisce 120 esperti di 35 istituzioni accademiche di rilievo internazionale e agenzie delle Nazioni Unite di tutti i continenti e presenta, attraverso 41 indicatori su cambiamenti climatici e salute, un aggiornamento annuale mirato ad offrire un supporto ai decisori politici, per accelerarne le risposte strategiche.

“Utilizzare le fonti fossili per la produzione di energia significa non solo aggravare il problema del riscaldamento globale, ma anche peggiorare la qualità dell’aria”, ha affermato Romanello. “E su questo l’Italia detiene un triste primato, con 45.600 decessi prematuri a seguito dell’esposizione a PM2.5 solo nel 2016. Si tratta del valore più alto in Europa e dell’undicesimo più alto nel mondo, che si traduce in una perdita economica di 20,2 miliardi di euro”.

Preoccupante, rileva lo studio, è anche l’idoneità del nuovo clima alla diffusione di malattie infettive. A livello globale, 9 dei 10 anni più favorevoli per la trasmissione della febbre Dengue si sono registrati a partire dal 2000. E in Italia la capacità delle zanzare di farsi vettori di questo virus è raddoppiata dal 1980.

La sicurezza alimentare è danneggiata dai cambiamenti climatici e dai loro effetti sui prezzi degli alimenti dovuti al calo della resa dei raccolti, e sono ancora i bambini ad essere tra i più esposti – a livello globale – agli effetti sulla salute della malnutrizione. “Guardando alla produzione agricola italiana”, spiega Romanello, “il potenziale di resa di tutte le colture alimentari di base che stiamo monitorando si è ridotto dagli anni ’60: per il mais la riduzione è stata del 10,2%, per il grano invernale e primaverile rispettivamente del 5 e del 6%, per la soia del 7% e per il riso del 5%”.

Eventi estremi più frequenti ed intensi, come ad esempio ondate di calore, periodi di siccità prolungata e inondazioni, minacciano soprattutto le fasce della popolazione più vulnerabili. “La vulnerabilità dell’Europa e del Mediterraneo orientale all’esposizione al calore è maggiore rispetto a quella dell’Africa e del Sud-est asiatico, molto probabilmente a causa dell’alta porzione di anziani che vivono nelle aree urbane in queste regioni: si tratta di una fascia di popolazione particolarmente vulnerabile a ictus e problemi renali legati ai colpi di calore perché maggiormente affetta da malattie croniche” ha chiarito Romanello. “Nel 2017, il numero di eventi di esposizione di over 65enni alle ondate di calore è cresciuto di 9,3 milioni rispetto al 2000. Nello stesso anno, l’esposizione alle alte temperature ha comportato anche più di 1,7 milioni di ore di lavoro perse in Italia, il 67% delle quali hanno riguardato il settore agricolo”.

“La produttività del lavoro in Europa risentirà dei cambiamenti climatici, con un calo nell’ordine dell’11,2% nel settore agricolo e dell’8,3% in quello industriale entro il 2080” ha spiegato Shouro Dasgupta, ricercatore presso CMCC@Ca’Foscari, con un intervento sugli impatti economici derivanti dal legame tra cambiamenti climatici e salute. “Gli impatti sull’Italia sono anche maggiori, con una riduzione rispettivamente del 13,3% e dell’11,5%. È importante sottolineare che i cambiamenti climatici, oltre a danneggiare l’economia italiana con un calo del PIL dell’8,5% al 2080, aumenteranno anche le disparità di reddito interne al paese, aggravando il divario Nord-Sud: tutto ciò avrà implicazioni significative per la salute”.

Il mix energetico deve cambiare drasticamente e immediatamente a livello globale, insieme ad interventi di adattamento ai cambiamenti climatici e investimenti su mobilità e prevenzione nelle strutture sanitarie. “Mettere la salute al centro di questa transizione produrrà enormi dividendi per il settore pubblico e per l’economia, offrendo allo stesso tempo aria più pulita, città più sicure e diete più sane”, ha sottolineato Romanello. “I vantaggi economici legati ai benefici per la salute derivanti dall’applicazione dell’Accordo di Parigi superano i costi di qualsiasi intervento, con un risparmio di migliaia di miliardi di dollari nel mondo”.

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