RAEE, 8 prodotti su 10 venduti online non pagano il contributo

Molti prodotti venduti sulle piattaforme di e-commerce non includono il contributo per i rifiuti elettronici. La colpa è dei free-rider

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Dagli smartphone agli orologi fitness, dagli asciugacapelli alle lavatrici, sono sempre più numerosi gli italiani che acquistano online prodotti elettrici ed elettronici. Tuttavia, non tutte le aziende e-commerce soddisfano gli obblighi ambientali, amministrativi e finanziari di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). In Italia, in particolare, sono 8 su 10 le aziende o gli importatori che non pagano il contributo RAEE, obbligatorio in tutta Europa.

Lo hanno dimostrato i dati presentati in occasione del workshop “Prevenire l’evasione degli obblighi di responsabilità estesa del produttore sulle piattaforme di vendita online” a Bruxelles da Eucolight, l’associazione europea dei sistemi di conformità per i RAEE di illuminazione, di cui il consorzio italiano Ecolamp è socio fondatore.

La ricerca ha esaminato i primi 150 articoli in vendita di 7 diversi tipi di prodotti venduti attraverso i marketplace in 10 diversi Stati membri, tra cui l’Italia. I risultati hanno mostrato che nella maggior parte dei casi oltre l’80% dei prodotti controllati non era conforme alle normative sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee).

Per l’Italia il fenomeno riguarda soprattutto i fitness tracker (92%) e i tablet e i PC (86%), ma percentuali elevate contraddistinguono anche la vendita online delle lampadine LED (81%) e dei cacciaviti elettrici (78%). Meglio gli asciugacapelli (28%) e i monitor (43%) mentre quasi 7 lavatrici su 10 (il 69%) viene venduto senza che il produttore o l’importatore abbia adempiuto all’obbligo.

In Germania, sfuggono, invece, il 96% degli asciugacapelli (in Italia la situazione pare ribaltata, pare che meno del 30% non paghi Raee), dei cacciavite elettrici e dei monitor e display. Piccoli Paesi come la Repubblica Ceca, l’Estonia o la Danimarca (per i quali i dati sono spesso incompleti) rilevano 100% di acquisti online, su alcuni prodotti, che evadono il contributo ambientale.

«Nel corso di questi mesi il dibattito sul problema del free-riding attraverso le piattaforme di vendita online non si è fermato – commenta Fabrizio D’Amico, Direttore Generale del consorzio Ecolamp – e ha consentito di discutere non solo del fenomeno, ma soprattutto delle possibili soluzioni. Il tema è ben presente nell’agenda della Commissione Europea e di diverse amministrazioni nazionali, mi auguro quindi che anche in Italia sia considerato all’ordine del giorno, magari cogliendo l’occasione del recepimento del pacchetto sull’economia circolare. Ritengo inoltre positivo che i rappresentanti di alcune tra le principali piattaforme del commercio elettronico abbiano accettato l’invito a partecipare e siano state parte attiva del dibattito. Il mercato italiano, come è emerso anche dall’indagine di Eucolight a cui Ecolamp ha preso parte, è sicuramente interessato dal problema ed è bene quindi che si attivi anche nell’individuazione delle soluzioni, che siano semplici ma al contempo garantiscano condizioni eque di mercato, come sostenuto da più parti».

Lo studio, presentato a Bruxelles, condotto da Eucolight su sette diverse tipologie di prodotti (lampadine a LED, asciugacapelli, lavatrici, avvitatori elettrici, orologi fitness, tablet e PC, monitor) venduti attraverso i marketplace in dieci Stati Membri dell’Unione Europea, tra cui l’Italia, ha rilevato che ottantuno offerte sulle prime cento proposte dalla piattaforma sono riferibili a cosiddetti free-rider.

Si tratta di venditori non iscritti al Registro nazionale dei produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche né ad un consorzio RAEE, che quindi non dichiarano le quantità immesse sul mercato né partecipano al finanziamento del sistema di gestione dei rifiuti (RAEE) originati dai loro prodotti. Questo di fatto determina un danno economico al sistema di gestione dei RAEE, a spese dei produttori onesti e dei consumatori tutti, e un indebito vantaggio competitivo per soggetti che, non sostenendo i costi di riciclo dei loro rifiuti, possono applicare prezzi più bassi o aumentare i propri margini.

«Sembra probabile che gli Stati membri implementeranno una serie di soluzioni diverse per affrontare questo problema – ha dichiarato il segretario generale di Eucolight Marc Guiraud – In parte, ciò è dovuto al fatto che, data la portata del fenomeno, è necessario muoversi più rapidamente del tempo necessario per attuare soluzioni a livello dell’UE. Nel considerare quale approccio adottare, Eucolight incoraggia attivamente tutti gli Stati membri a richiedere ai marketplace online di assumere il ruolo di produttore responsabile, per tutti i prodotti introdotti nel territorio nazionale attraverso le loro piattaforme».

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