Xenobot, il primo robot vivente che raccoglie microplastiche in mare

Un gruppo di scienziati americani ha realizzato un robot biologico utilizzando cellule embrionali di rana e intelligenza artificiale

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Ripulire gli oceani dalla microplastiche, somministrare farmaci, liberare le arterie: sono questi alcuni dei compiti che potranno svolgere gli Xenobot, dei robot innovativi fatti di cellule viventi e programmati come supercomputer. Gli Xenobot sono stati creati dagli scienziati della Tufts University negli Stati Uniti utilizzando cellule embrionali di rane, hanno dimensioni millimetriche e possono vivere fino a sette giorni.

Le capacità più rilevanti sono quelle di spostarsi verso un bersaglio, forse anche raccogliere un carico utile (come una medicina che deve essere trasportata in un punto specifico all’interno di un paziente) e autoripararsi dopo un taglio. L’obiettivo per il futuro è usarli per ripulire le microplastiche dall’oceano e gestire le fuoriuscite di rifiuti radioattivi.

Per spiegare meglio di cosa si tratti, gli esperti fanno qualche esempio. Un libro è fatto di legno, ma non è un albero, evidenziano. Così gli xenobot sono “nuove macchine viventi”, spiega Joshua Bongard, l’informatico ed esperto di robotica dell’University of Vermont (Usa) che ha co-guidato assieme a Michael Levin la ricerca pubblicata su Pnas.

“Non sono né un robot tradizionale né una specie conosciuta di animali”. Sono 100% DNA di rana, ma non sono rane. Le nuove creature sono state progettate su un supercomputer nell’ateneo del Vermont e poi assemblate e testate da biologi della Tufts University. È la prima volta in cui vengono progettate delle macchine completamente biologiche e biodegradabili da zero, utilizzando un algoritmo informatico.

Tuttavia, il futuro della robotica è proprio bioispirata e sostenibile, con robot green costruiti con materiale riciclabile e biodegradabile, in grado di alimentarsi con fonti energetiche rinnovabili e che, una volta terminato il proprio ciclo operativo, possano decomporsi senza incidere negativamente sull’ambiente. a sostenerlo sono Barbara Mazzolai, direttrice del Centro di Micro-Biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e Cecilia Laschi, professoressa dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, nell’articolo “A vision for future bioinspired and biohybrid robots” pubblicato sulla rivista internazionale Science Robotics.

La svolta, in linea con gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, porterà a un drastico ripensamento dei robot, a partire dalle componenti e dall’interazione con gli esseri umani e l’ambiente. Ovviamente un approccio biospirato deve basarsi sulla comprensione e sulla capacità di estrarre principi e regole.

Gli esseri viventi sono molto più complessi di un robot, si muovono in un mondo dinamico e strutturato, e sono in grado di adattare le proprie caratteristiche a seconda dell’ambiente circostante. Proprio tale complessità è ciò che consente agli esseri viventi di avere un comportamento senso-motorio efficace. Spesso invece i robot non sono in grado di affrontare la complessità del mondo reale, senza richiedere semplificazioni per rendere l’ambiente adatto a loro. Allo stesso modo invece, i robot dovranno mantenere una complessità strutturale che consentirà loro di essere efficaci e utili nelle applicazioni del mondo reale.

Una grande lezione che si può imparare dalla natura è che gli esseri viventi sono perfettamente integrati nell’ambiente naturale, durante il loro ciclo di vita e alla sua fine. Oggi esiste invece uno scollamento tra quello che è naturale e quello che è tecnologico, che sfrutta le risorse naturali e alla fine del proprio ciclo di vita diventa rifiuto da smaltire.

In linea con le recenti tendenze nella ricerca robotica, gli approcci futuri invertiranno la prospettiva sulla progettazione dei robot, andando oltre la soft robotics, con robot in grado di crescere, rigenerarsi, cambiare forma; oltre i materiali intelligenti, grazie a funzionalità bioibride che garantiranno la multifunzionalità e la biocompatibilità; oltre la robotica evolutiva, con sistemi che non solo si adatteranno al compito e all’ambiente in cui operano, ma che miglioreranno con la pratica. È questa la direzione della robotica del futuro, verso sistemi integrati perfettamente compatibili con l’uomo e con l’ambiente, e in grado di migliorare il benessere e la qualità della vita.

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