I coralli della Grande Barriera Corallina australiana sono stati colpiti da un nuovo fenomeno di sbiancamento massiccio, il terzo in cinque anni dopo quello del 2016 e del 2017. La causa sarebbe da rintracciare nell’aumento eccessivo delle temperature dell’oceano. L’annuncio dalla Great Barrier Reef Marine Park Autority, l’agenzia governativa australiana che monitora lo stato della Grande Barriera Corallina, arriva dopo l’allarme lanciato in questi giorni dai ricercatori della James Cook University, che stanno conducendo dei sorvoli su tutta l’area per valutare il fenomeno.
Lo studio è ancora in corso ma ha già evidenziato che il fenomeno dello sbiancamento massiccio dei coralli sta colpendo le aree più vicine alla costa della Barriera al nord e aree che non erano state toccate da precedenti fenomeni di sbiancamento al Sud, per quello che si profila essere uno dei peggiori della storia.
Ma in cosa consiste esattamente lo sbiancamento? A spiegarlo è Greenpeace in una nota: “A causa dello stress termico i coralli espellono le alghe (zooxanthellae) che vivono nei loro tessuti, causandone lo sbiancamento. Se le temperature non tornano alla normalità entro le 6-8 settimane, i coralli muoiono. I coralli possono sopravvivere a un fenomeno di sbiancamento, ma subiscono comunque un notevole stress”.
Nel 2016, il 93 per cento dei coralli della Grande Barriera Corallina è stato soggetto a sbiancamento, e il 22 per cento è poi morto, con aree colpite in modo severo dallo sbiancamento che hanno visto la morte fino al 50-90 per cento dei coralli presenti.
“I cambiamenti climatici stanno minacciando questo ecosistema unico, mettendo a rischio le comunità locali e gli operatori turistici che dipendono dalla conservazione della barriera corallina, ancora di più in questo momento in cui il Covid19 mette a rischio il loro lavoro”, ha commentato Giorgia Monti, campagna mare di Greenpeace Italia.
La Grande barriera corallina è uno dei parchi più conosciuti al mondo e contribuisce in maniera significativa all’economia australiana che, secondo Greenpeace Australia andrebbe maggiormente valorizzata non sostenendo l’industria del carbone e promuovendo la riduzione delle emissioni di anidride carbonica, che sono la principale minaccia per la barriera.
“Da anni gli esperti ci mettono in guardia sugli impatti del cambiamento climatico sulle barriere coralline tropicali. Quanti altri campanelli d’allarme dobbiamo aspettare prima di fare le scelte giuste? dimezzare le emissioni di gas serra e tutelare le zone più sensibili dei nostri mari è l’unico modo di evitare che ecosistemi così preziosi scompaiano con gravi conseguenze anche per l’uomo”, conclude Monti.