Alimentazione sana, tutela degli animali e rispetto per l’ambiente vanno di pari passo. Più volte è stata ribadita la necessità di ridurre il consumo di carne per salvaguardare il pianeta, riducendo gli allevamenti intensivi e abbassando drasticamente le emissioni di CO2 che ne derivano. Il tutto, a beneficio anche della salute e degli animali.
Secondo un’analisi effettuata da Greenpeace, il consumo di carne nell’Unione europea deve diminuire del 71 % entro il 2030 e dell’81% entro il 2050 per ridurre in misura sufficiente il contributo dell’agricoltura alla crisi climatica in corso. Tradotto in cifre: una media procapite di non più di 460 grammi di carne alla settimana entro il 2030 e di 300 grammi nel 2050, rispetto all’attuale media europea di 1,58 chilogrammi pro capite alla settimana.
I dati relativi all’Europa sono allarmanti. Attualmente, infatti, i cittadini europei consumano circa il doppio di carne e quasi il triplo di prodotti lattiero-caseari rispetto alla media globale. Per sostenere gli attuali livelli di consumo di prodotti di origine animale, secondo Greenpeace, in Europa viene incentivato, anche attraverso i fondi pubblici della PAC, un sistema di allevamento intensivo che è dannoso per l’ambiente, per il clima e per la nostra salute.
Il dato positivo arrivo da u’indagine Ipsos che sottolinea come nel corso degli anni sia aumentata la conoscenza del concetto di sostenibilità, che oggi è importante per 9 consumatori su 10. Il 45% degli italiani si dice disponibile ad introdurre prodotti sostitutivi della carne. Tra i più giovani, sotto i 24 anni, la percentuale cresce ed arriva al 60%. Dunque quasi un italiano su due sarebbe disposto a fare una grigliata con eco-salsicce o mangiare un burger vegetale nel panino senza dover sacrificare gli animali.
Tuttavia l’indagine effettuata da Ipsos per Findus rileva anche che, al momento, questa tipologia di prodotti gode di una conoscenza superficiale, tanto che la percentuale maggiore del campione intervistato (il 40%) ha dichiarato di conoscerli “solo di nome”, contro il 28% che invece già li conosce o li ha provati. Il 29% del campione ha però affermato di volerli introdurre nella propria dieta in un prossimo futuro. C’è quindi curiosità ed apertura verso questa alternativa sostenibile.