L’Italia continua a bruciare e Legambiente insiste sulla necessità di migliorare la prevenzione degli incendi boschivi, dopo giorni in cui l’azione dei piromani ha devastato importanti patrimoni naturali in Sicilia, come la Riserva dello Zingaro, i boschi attorno a San Vito Lo Capo e aree del palermitano, in Abruzzo nella riserva di Punta Aderci e le colline intorno a Pescara, ma anche nel metapontino in Basilicata, nelle aree protette del basso Lazio, sulla Costiera Amalfinata e a Maratea, in Sila e in provincia di Olbia in Sardegna.
“Oltre agli effetti del cambiamento climatico che ha reso i boschi più fragili e meno resilienti, il nostro patrimonio naturalistico deve fare i conti con la mancata prevenzione del territorio e una organizzazione del sistema di intervento che fa acqua da tutte le parti – commenta Antonio Nicoletti, responsabile Aree protette di Legambiente -. Nel nostro Paese mancano piani di prevenzione e di emergenza a scala locale, e nei piani sono ancora poco utilizzati gli interventi di autoprotezione che aiuterebbero di più gli operatori AIB negli interventi di spegnimento. Mentre il ricorso alla selvicoltura preventiva offrirebbe una maggiore capacità di aumentare la sicurezza delle operazioni antincendio e la resilienza dei nostri boschi.
Da questo punto di vista – aggiunge Nicoletti – è evidente come la riforma Madia che ha trasferito le competenze sugli incendi boschivi ai Vigili del Fuoco esautorando di fatto l’ex Corpo forestale dello Stato da questa storica attività non abbia funzionato. E quest’anno a nulla sono valse le raccomandazioni fatte alle Regioni di anticipare la stagione antincendio boschivo, iniziata il 15 giugno, ma che doveva incominciare anche prima per tenere conto del periodo di lockdown che ha creato condizioni favorevoli all’innesco degli incendi, anche a causa della bassa siccità del periodo. Non dimentichiamo che l’Italia è tra i Paesi del Mediterraneo che più soffrono degli effetti del cambiamento climatico e della conseguente perdita di biodiversità”.
Gli incendi che stanno devastando il nostro patrimonio forestale sono la prova che l’azione congiunta degli incendiari e degli effetti del cambiamento climatico creano un circolo vizioso in cui l’aumento delle temperature e la conseguente alterazione delle precipitazioni aggravano le conseguenze della siccità sulle foreste, che risultano meno resilienti e meno capaci di fornire risposte efficaci a queste continue sollecitazioni, con l’aggravio ulteriore della mano sempre attiva dei piromani.
Sebbene la prevenzione rimanga sempre l’unica arma a disposizione contro gli incendi e i danni alle foreste che assorbono e trattengono carbonio e svolgono una funzione importante per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, occorre fare di più per migliorare la resilienza degli ecosistemi forestali e aumentare la loro capacità di rispondere alle sollecitazioni dei rischi naturali a cui sono sottoposti a partire dagli incendi ma senza dimenticare gli effetti dei patogeni o degli eventi estremi come la tempesta VAIA.