Marine litter: un Mediterraneo unito nella lotta ai rifiuti in mare

Il materiale più trovato sulle spiagge è la plastica, seguito da carta e vetro, il resto è materiale misto

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Per ridurre il marine litter serve un Mediterraneo unito. Non solo nelle pratiche di corretta gestione e smaltimento dei rifiuti, ma anche e soprattutto nelle politiche da adottare, facendo rete e replicando anche le buone pratiche di networking già in atto.

È questo il messaggio che Legambiente lancia oggi in occasione del convegno on line “Networking for tackling marine litter in the Mediterranean Sea” organizzato insieme al Comitato Tecnico Scientifico Ecomondo, Corepla, Union for Mediterranean, Ispra, Common e Clean Sea Life all’interno della 24esima edizione di Ecomondo, quest’anno in formula totalmente digital.

Un momento di riflessione per fare luce sul problema dei rifiuti in mare in tutto il bacino Mediterraneo e per confrontarsi sulle proposte e sulle politiche da attuare, sia a livello europeo sia internazionale.

“L’80% dei rifiuti spiaggiati e monitorati sulle spiagge italiane è di plastica, e, purtroppo, quello presente sui nostri litorali è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio, quello del marine litter, che sta mettendo in pericolo anche il Mar Mediterraneo, la sua biodiversità, ma anche l’economia locale. Per contrastare il marine litter – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – occorre agire al più presto e in sinergia attraverso maggiori azioni di networking, campagne di informazione e sensibilizzazione, promuovendo sempre di più l’economia circolare, lavorando per ridurre l’inquinamento da plastica e mettendo in campo politiche ad hoc a partire da una politica unitaria. Non c’è più tempo da perdere”.

Esperienze di networking – Secondo l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) (Report Mare Plasticum: The Mediterranean) sono oltre 230mila le tonnellate di plastica che vengono scaricate ogni anno nel Mar Mediterraneo e l’Italia, insieme a Egitto e Turchia, è tra i tre principali responsabili. Dati preoccupanti che indicano ancora una volta la gravità del problema, per questo è fondamentale fare rete per contrastare il marine litter come sta facendo il progetto europeo COMMON, che durante il primo anno di vita ha creato una rete di oltre 500 soggetti, tra istituzioni, enti, associazioni, comuni e cooperative, per favorire modelli di governance comuni nei tra paesi coinvolti: Italia, Libano e Tunisia.

 “Il progetto COMMON – aggiunge Zampetti – ha rafforzato il legame con i paesi del Mediterraneo del sud e sta creando una rete di grande valore per progettare interventi di gestione estesi a tutta l’area, al fine di ridurre il problema dei rifiuti in mare anche attraverso modelli di governance integrati. Un modello che dovrebbe essere supportato anche da politiche comuni di produzione e consumo sostenibile, perché le differenti normative tra i paesi del Mediterraneo rappresentano un ostacolo alla sostenibilità ambientale. L’estensione delle politiche e delle linee guida europee a tutto il bacino possono rappresentare una grande opportunità di sviluppo con risvolti ambientali, sociali e impatti economici importanti”.

Il materiale più trovato sui lidi italiani, libanesi e tunisini esaminati durante tutta la stagione risulta essere la plastica (80%), seguito da carta (13%) e vetro (4%), il resto (3%) è materiale misto. L’87% delle strutture coinvolte segnala inoltre il ritrovamento di mozziconi di sigarette e di plastiche monouso: tappi, bicchieri e cannucce.

La campagna Clean Up the Med in 28 anni ha mobilitato oltre 500mila volontari provenienti da 23 diversi Paesi mediterranei e grazie alla quale sono stati ripuliti 100mila chilometri di spiaggia da oltre 800mila tonnellate di rifiuti. E la grande mobilitazione messa in campo dal progetto Clean Sea LIFE che in Italia, in quattro anni, ha dato vita ad una community unica coinvolgendo subacquei, diportisti, pescatori, studenti e cittadini in attività di pulizia delle spiagge e di informazione e sensibilizzazione.

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