PAC, Li Rosi: un danno per la biodiversità e i piccoli agricoltori

Il presidente di Simenza Giuseppe Li Rosi spiega perché la nuova politica agricola europea è un male per ambiente e biodiversità

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Sempre più spesso si sente parlare di PAC. L’acronimo è ormai conosciuto dall’opinione pubblica ma pochi sanno veramente cosa implica la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea. La prima considerazione da fare è che la riforma della PAC pesa molto, circa un terzo del budget settennale messo sul tavolo dall’UE, una cifra equivalente a circa 350 miliardi di euro. Questa riforma è centrale per mettere le politiche climatiche dell’Unione sui giusti binari ma è in contrasto con le grandi direttrici green della UE.

Con il Green Deal, in primo luogo, soprattutto con due atti di indirizzo diramati dopo la fine del primo lockdown: la Strategia Farm to Fork (che riguarda la filiera agroalimentare) e la Strategia Biodiversità. Due documenti che prevedono il taglio del 50% dei pesticidi utilizzati nei campi e del 25% degli antibiotici usati negli allevamenti intensivi di bestiame; almeno un 10% della superficie coltivata destinata a siepi e laghetti per dare rifugio a fauna e flora selvatici; 25% di campi convertiti al biologico. Il tutto entro il 2030.

A schierarsi apertamente come la riforma della PAC è Giuseppe Li Rosi, presidente di Simenza, Cumpagnìa siciliana sementi contadine, un’associazione culturale nata nel 2016 per difendere uno dei più preziosi patrimoni della Sicilia, la biodiversità.

È una PAC amica dell’ambiente e della biodiversità quella di cui si sta discutendo a livello europeo?

La PAC è una proposta nata nel 2018 e da allora molte cose sono cambiate. Quello che ci preoccupa, tuttavia, non è soltanto la PAC ma la gestione incompetente del settore agricolo da parte di chi ci governa. Faccio un esempio: il nostro ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, pretendeva di gestire le rotazioni in modo da faci avere due soli raccolti di grano in cinque anni, giustificando tale proposta come una misura a sostegno della biodiversità. Da millenni noi agricoltori siciliani facciamo una rotazione biennale e ha sempre funzionato. Ne è prova il fatto che in Sicilia ci sia un patrimonio di biodiversità tra i più ricchi d’Italia.

Se parliamo di PAC, invece, questa riforma contraddice altre strategie dell’Europa. La Farm to Fork rappresenta un balzo in avanti perché incentiva la produzione agricola nel rispetto dell’ambiente e della biodiversità. Non così la Politica Agricola Comune. C’è pressione da parte delle lobby, che spingono l’UE a fare in modo che i fondi raggiungano le industrie della chimica e del petrolio, che producono i fertilizzanti nemici della biodiversità. In un certo senso, le multinazionali stanno facendo guerra ai piccoli agricoltori, senza pensare che sono loro a detenere le chiavi che stabiliscono le connessioni tra l’uomo e il pianeta e che rendono quest’ultimo produttivo. Siamo noi agricoltori a salvaguardare l’ambiente e la biodiversità.

Quindi la PAC danneggia l’ambiente ma anche gli agricoltori?

Il danno c’è già, così si acuiscono solo gli effetti. Chi legifera dimentica che ci sono i cambiamenti climatici in atto, che abbiamo bisogno di varietà, sia in agricoltura che nel regno animale, e che quanto prodotto dagli uomini – le piante super performanti e gli ibridi – sono poco salutari per l’uomo e l’ambiente. L’erosione della biodiversità è iniziata circa 120 anni fa e continua ancora oggi a causa di chi non ha capito che dobbiamo preservarla. La natura ha la grande capacità di adattarsi ai cambiamenti, anche quelli climatici, attivando la resilienza e permettendo al Pianeta di continuare a essere produttivo. Con la PAC diminuiranno le possibilità di produrre cibo sano e saporito perché questa riforma mina le piccole aziende, vere custodi della biodiversità.

La PAC non è stata ancora approvata. Cosa chiedete come Simenza?

Siamo un’associazione troppo piccola per avere voce in capitolo ma ci uniamo all’appello di chi è più grande di noi, ad esempio Federbio e Slowfood, che chiedono il ritiro della proposta e il rispetto degli impegni presi con la Strategia Farm to Fork. I fondi essere destinati a chi difende la natura, a chi contrasta il cambiamento climatico, a chi riduce gli antibiotici negli allevamenti, a chi diminuisce i pesticidi, a chi riconverte gli allevamenti. Con Simenza, da circa cinque anni ci impegniamo concretamente per salvaguardare la biodiversità attraverso la creazione di una nuova economia, coltivando e preservando i grani locali, i cosiddetti grani antichi, dando alle piccole industrie di trasformazione un prodotto esclusivo. Ma ancora, piantiamo alberi e siepi, cerchiamo di bloccare l’erosione e di preservare l’humus, per garantire la sopravvivenza della nostra terra e delle nostre specie.

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