Si aspettava da 6 anni, non senza timori, la lista dei siti in cui sorgerà il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, quelli che nessuno vorrebbe.
Elaborata da Sogin, la proposta di CNAPI è stata validata da ISIN (ex ISPRA), e successivamente dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente. Infine, il 30 dicembre scorso, è arrivato il nulla osta ministeriale insieme a quello per il Progetto preliminare del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, dando di fatto il via alla fase di consultazione pubblica.
“La proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) costituisce il primo passo di un percorso condiviso e partecipato che porterà a individuare il sito dove realizzare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico” si legge sul sito del Deposito Nazionale.
Sono dunque noti i luoghi in cui il famigerato deposito sorgerà e anche il progetto preliminare della costruzione che ospiterà definitivamente i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività. A occuparsene sarà la Sogin, la società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti.
La mappa e la lista dei siti
In tutto si tratta di 67 luoghi ritenuti idonei, distribuiti in 7 regioni: Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia. Ecco quali sono i siti suddivisi per regione.
PIEMONTE – 8 zone tra le province di Torino e Alessandria (Comuni di Caluso, Mazzè, Rondissone, Carmagnola, Alessandria, Quargento, Bosco Marengo e così via)
TOSCANA-LAZIO – 24 zone tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo (Comuni di Pienza, Campagnatico, Ischia e Montalto di Castro, Canino, Tuscania, Tarquinia, Vignanello, Gallese, Corchiano)
BASILICATA-PUGLIA – 17 zone tra le province di Potenza, Matera, Bari, Taranto (comuni di Genzano, Irsina, Acerenza, Oppido Lucano, Gravina, Altamura, Matera, Laterza, Bernalda, Montalbano, Montescaglioso)
SARDEGNA – 14 aree tra le zone in provincia di Oristano (Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar, Gergei e altri)
SICILIA – 4 aree nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta (Comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera).
Il deposito nazionale
Il deposito nazionale e il parco tecnologico saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a matrioska: Nel dettaglio, all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati.
In totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività: si tratta dei rifiuti provenienti dal mondo civile e in special modo da quello medico e ospedaliero, dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali, ad esempio, da tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano. I tempi per la realizzazione sono già stati definiti: il deposito nascerà entro il 2025.
La reazione delle associazioni ambientaliste
Per Legambiente «lo smaltimento in sicurezza dei nostri rifiuti radioattivi è fondamentale per mettere la parola fine alla stagione del nucleare italiano e per gestire i rifiuti di origine medica, industriale e della ricerca che produciamo ancora oggi. La partita è aperta da tempo, non è semplice ma è urgente trovare una soluzione visto che questi rifiuti sono da decenni in tanti depositi temporanei disseminati in tutta Italia».
«Ora è necessario che si attivi un vero percorso partecipato, che è mancato finora – sottolinea Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – per individuare l’area in cui realizzare un unico deposito nazionale, che ospiti esclusivamente le nostre scorie di bassa e media intensità, che continuiamo a produrre, mentre i rifiuti ad alta attività, lascito delle nostre centrali ormai spente grazie al referendum che vincemmo nel 1987, devono essere collocate in un deposito europeo, deciso a livello dell’Unione, su cui è urgente trovare un accordo».
Greenpeace dichiara invece di non condividere la strategia scelta dall’Italia, basata sulla necessità di dotarsi di un solo Deposito nazionale che ospiti a lungo termine i rifiuti di bassa attività e, “temporaneamente”, i rifiuti di media ed alta attività.
Per l’organizzazione ambientalista, oltre «a essere l’unico caso al mondo di gestione combinata dei rifiuti, tutto ciò ha implicazioni non secondarie: come la possibile decisione di “nuclearizzare” un nuovo sito vincolandolo a lungo termine alla presenza di rifiuti pericolosi. E l’ipotesi – tutta da verificare – che vi sia un consenso dei cittadini, e degli enti che li rappresentano territorialmente, a ospitare il deposito unico».