Lo spreco di cibo fa male all’ambiente e alle tasche. Per effetto della pandemia, nel 2020 in media ogni settimana un italiano ha buttato nella spazzatura oltre mezzo chilo di prodotti. Che tradotto significa che 27 chili a testa in un anno. Ne risentono in maniera pesante ambiente e bilancio domestico.
I numeri sono stati diffusi da Waste Watcher International Observatory -Università di Bologna Last Minute Market su dati Ipsos, in occasione della 8ª Giornata nazionale di prevenzione allo spreco alimentare, promossa dalla campagna Spreco Zero con il ministero dell’Ambiente, che si terrà venerdì 5 febbraio. Il cibo sprecato è ancora una montagna: 3,62 milioni di tonnellate tra gli sprechi di filiera e quelli casalinghi (1,66 milioni). Il valore totale degli alimenti che sono stati gettati ha sfiorato nel 2020 i 10 miliardi di euro, di cui 6,4 miliardi per quelli domestici. Nell’83,9% dei casi le famiglie italiane insegnano ai figli la regola numero uno: non sprecare.
Nel 2020 sono stati sprecati solo 27 kg di cibo a testa (appunto 529 grammi a settimana), quindi l‘11,78% in meno rispetto al 2019. In Italia sono così state salvate oltre 222.000 tonnellate di alimenti, con un risparmio di 6 euro pro capite, cioè 376 milioni a livello nazionale.
I numeri nazionali
Questo per quanto riguarda le famiglie, ma i numeri sono davvero impressionanti se si valutano gli alimenti che finiscono nei secchi della spazzatura di ristoranti, mense, ristorazione collettiva: il costo economico dello spreco alimentare su base nazionale complessiva vale 6 miliardi e 403 milioni di euro e sfiora i 10 miliardi di euro l’intera filiera dello spreco del cibo in Italia, se si sommano le perdite in campo e lo spreco nel commercio e distribuzione, che ammontano a 3miliardi.284milioni e 280mila euro. Una montagna di cibo buttata via, per la precisione 1milione e 661mila.107 tonnellate di cibo in casa e 3milioni 624mila 973 tonnellate se si includono le perdite e gli sprechi di filiera.
L’Italia che spreca di più
Sprechiamo tutti allo stesso modo? Non proprio. Colpisce poi che il report di Waste Watchers indichi che a sprecare di più sono zone d’Italia con un reddito pro capite medio più basso: a sorpresa, meno si guadagna e più si spreca, visto che il 38% circa di italiani che si autodefiniscono “di ceto basso/medio-basso” getta circa il 10/15% in più rispetto agli altri intervistati. Al Sud si getta via il 15% in più di cibo e avanzi (ca 600 grammi a settimana), stessa cosa avviene nei piccoli centri, mentre si spreca meno al Nord (-8%, circa 489 grammi a settimana) e al Centro (-7%, circa 496 grammi settimanali). Quanto al profilo sociale, sono le famiglie con figli a gettare via più spesso il cibo: in media lo fanno il 15% in più dei single, che si scoprono più virtuosi e oculati, così come i cittadini dei centri urbani rispetto ai piccoli comuni.
Frutta e verdura nella spazzatura
Sono i beni deperibili, come immaginabile, ad ammuffire più spesso in frigo e passare poi direttamente nel secchio. In cima alla lista la frutta fresca (37%), seguita da verdura fresca (28,1%), cipolle aglio e tuberi (5%), insalata (21%) e dal pane fresco (21%). Ci siamo scoperti grandi panificatori durante il lockdown, i numeri indicano che non abbiamo abusato di questa passione, poiché gettiamo 20 grammi a settimana pro capite di pane, e poco meno di 1 kg nel corso dell’anno. Gli italiani però ammettono di comprare troppo (29%) e di calcolare male il cibo che serviva (28%).
Cosa fare
Cresce però la consapevolezza che dimenticanza e approssimazione hanno un costo. L’85% degli intervistati si preoccupa delle conseguenze economiche dello spreco e l’83% è consapevole che gettare il cibo è moralmente sbagliato perché è un cattivo esempio per i figli (84%) e che ha delle conseguenze in termini di impatto ambientale e inquinamento (77%). La lotta allo spreco alimentare è ormai battaglia comune, tanto che l’85% ritiene che dovrebbe essere resa obbligatoria per legge la donazione da parte di aziende e supermercati del cibo altrimenti sprecato.
Se la pandemia ha diminuito gli sprechi, è vero che ha aumentato gli imballaggi, un aspetto preoccupante per il 57% degli intervistati. Dato l’aumento delle consegne a domicilio e del tempo passato su internet durante il lockdown colpisce che sia ancora molto limitato l’utilizzo delle tecnologie utili a ridurre gli sprechi: solo il 7,7% utilizza le app per il cibo last minute e il 3,2% per l’ortofrutta a ridosso di scadenza, con prezzi ribassati. Il 2,5% fa uso di piattaforme di scambio, il 3,4% utilizza app con ricette di riutilizzo e il 4,2% ricorre alle app di gestione ottimale del cibo e monitoraggio delle scadenze.