Negli ultimi due anni in Italia non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di linee metropolitane, mentre è aumentato il distacco tra le città italiane e quelle europee, proprio dove più rilevanti sono i ritardi, ossia la dotazione di metro, tram e ferrovie urbane per i pendolari. Dal 2002 al 2018, i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade. È quanto evidenziato dal rapporto Pendolaria 2020 di Legambiente.
Così, tra 2010 e 2018 sono stati realizzati quasi 300 chilometri di autostrade e oltre 2mila chilometri di strade nazionali, a fronte di appena 91 chilometri di metropolitane e di 58 chilometri di linee del tram. Alla luce di questa situazione, il Next Generation EU potrebbe rappresentare una svolta nella mobilità sostenibile per il trasporto ferroviario, a patto di investire in tre direzioni.
“Raddoppiare il numero di viaggiatori su treni regionali e metropolitane al 2030, recuperare i ritardi infrastrutturali nelle città, potenziare l’offerta di servizio ed elettrificare le linee ferroviarie al Sud” spiega Legambiente, presentando il rapporto Pendolaria 2021 a due giorni dalla formazione del nuovo governo. Ed esprimendo la sua posizione sulla nomina di Enrico Giovannini a nuovo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti: “Un’ottima scelta, siamo pronti a dare il nostro contributo per uno sviluppo sostenibile che guardi alle priorità del Paese”.
Nelle aree urbane troviamo larga parte della domanda di mobilità delle persone, con milioni di pendolari che si muovono ogni giorno, principalmente in auto, e i maggiori ritardi in termini di possibilità di spostamento in metro, tram, treni suburbani rispetto a tutti gli altri Paesi europei. La buona notizia è che prima del lockdown erano in crescita gli spostamenti sulla rete urbana del ferro, a segnalare una disponibilità a cambiare abitudini ovunque il servizio risulta competitivo, meglio ancora se integrato con i servizi di sharing mobility e corsie ciclabili. A Milano, come a Firenze e Bari, Cagliari e Palermo, su alcune linee si trova un servizio di livello europeo che dimostra che le cose possono cambiare. Ma, al contempo, rimangono situazioni vergognose a Napoli, sulle linee circumvesuviane, e a Roma sui treni gestiti da Atac, dove al degrado di stazioni e treni e alla riduzione del servizio si è aggiunta in questi mesi la paura del contagio per l’affollamento e la mancanza di controlli.
Mentre il dibattito politico fino a oggi ha continuato a focalizzare l’attenzione sulle infrastrutture, la situazione nelle città non è cambiata. Negli ultimi due anni (2019-2020) in Italia non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di linee metropolitane. È aumentato purtroppo il distacco tra le città italiane e quelle europee, proprio laddove più rilevanti sono i ritardi: la dotazione di metro, tram e ferrovie urbane per i pendolari. Occorre dunque cambiare le priorità infrastrutturali. Dal 2002 al 2018, i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade, mentre tra 2010 e 2018 sono stati realizzati 298 km di autostrade e 2.479 km di strade nazionali, a fronte di appena 91,1 km di metropolitane e di 58,4 km di linee del tram.
L’altro grande ritardo è quello infrastrutturale che interessa le regioni del Sud e l’integrazione delle diverse modalità di trasporto (aeroporti, porti, stazioni, interporti). Al Meridione troviamo meno treni in circolazione e più lenti, nonché il maggior numero di linee a binario unico e non elettrificate. Complessivamente, è bene ricordarlo, in Italia su 19.353 km di linee ferroviarie è a binario unico il 56,3%.
Le buone notizie vengono dal rinnovo del parco treni circolanti: sono infatti 757 i nuovi convogli immessi sulla rete da Trenitalia e dagli altri concessionari, 704 quelli programmati nei prossimi anni. Inoltre, sono tante le aree urbane dove cresce il numero di persone su treni, metro e tram. A confermare che, ovunque si investa in qualità e in nuovi treni, le persone sono ben contente di usufruire del trasporto pubblico.
Al centro del Recovery Plan, sottolinea Legambiente, vanno messe scelte di mobilità al 2030 capaci di accelerare la decarbonizzazione e migliorare l’accessibilità. In tal senso, un ruolo di primo piano devono giocare proprio le aree urbane, dove avvengono oltre i due terzi degli spostamenti delle persone. L’obiettivo deve essere incrementare il numero di viaggi al giorno su treni regionali e metropolitane, passando dagli attuali 6 milioni a 10 milioni entro il decennio.
“Tutti i dati pre-pandemia confermano la voglia degli italiani di prendere treni, metro e tram, lasciando a casa l’auto. Con il Recovery Plan dobbiamo accelerare questa prospettiva attraverso investimenti e riforme non più rinviabili, dal recupero dei ritardi infrastrutturali nelle aree metropolitane all’elettrificazione delle linee ferroviarie al Sud, al potenziamento delle linee nazionali secondarie – sottolinea Zanchini – Un cambiamento è possibile, come confermano le esperienze e i numeri positivi raccontati in questi anni e osservati ovunque si offra un’alternativa competitiva ai milioni di pendolari che si muovono ogni giorno nelle città, oggi principalmente in auto, aiutando così sia l’economia che il turismo”.
Gli investimenti da spingere nel Recovery Plan – Per Legambiente sono tre gli obiettivi prioritari da porre al centro degli investimenti nei prossimi dieci anni per rilanciare la mobilità sostenibile in Italia:
1. Recuperare i ritardi infrastrutturali nelle aree metropolitane. Se negli ultimi due anni nessun nuovo km di linee metro ha visto la luce, poco meglio si è fatto per i tram, con 5 km inaugurati nel 2019 e 5,5 nel 2018.
2. Elettrificare le linee ferroviarie al Sud e potenziare le linee nazionali secondarie
3. Completare il rinnovo e il potenziamento del parco circolante. Sono 2.767 i treni regionali attualmente in circolazione, con un’età media nazionale scesa a 15,2 anni, ma che rimane ancora molto alta al Sud (19 anni), specie rispetto a quella dei convogli del Nord (11,7).
Lo scenario proposto da Legambiente al 2030 prevede complessivamente investimenti pari a 13 miliardi di euro per gli interventi sulle linee nazionali e regionali e di 13,7 miliardi per quelli nelle città, oltre ai 5 miliardi per il rinnovo del parco circolante. Un quadro di investimenti che in dieci anni, tra Next Generation UE, fondi strutturali, investimenti nazionali e regionali, è assolutamente alla portata di un Paese come l’Italia.