Il 2020 sarà ricordato come l’anno del calo record dei consumi di energia (-10% rispetto al 2019) e delle emissioni di CO2 (-12%), che sono ora inferiori del 40% rispetto ai livelli del 2005. È quanto emerge dall’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano dell’ENEA che evidenzia un netto miglioramento (+38%) dell’indice ISPRED, elaborato dall’Agenzia per misurare la transizione energetica sulla base dell’andamento di prezzi, sicurezza e decarbonizzazione.
L’Analisi evidenzia anche il forte aumento (+27% per un valore di 2,2 miliardi di euro) delle importazioni di tecnologie low carbon, soprattutto veicoli elettrici, ibridi e batterie che sono arrivati a coprire il 56% di questo segmento di import (era il 33% nel 2019). Nell’insieme, il disavanzo commerciale per le tecnologie green è stato di 1,1 miliardi di euro, il 60% in più rispetto al 2019, a fronte di una riduzione del 14% dell’import totale di merci. Tra le notizie positive, invece, il raggiungimento del pareggio commerciale nel fotovoltaico e un lieve aumento delle esportazioni di veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV).
“La contrazione della domanda di energia è la più elevata dal biennio 1943-44, quando l’Italia era in piena Seconda guerra mondiale; per fare un paragone con dati più recenti, nell’ultima grande crisi economica, nel 2009, i consumi si sono ridotti ‘solo’ del 5,7%” sottolinea Francesco Gracceva, il ricercatore ENEA che coordina l’Analisi. “Il 60% del calo dei consumi di energia primaria riguarda il petrolio, a causa della forte riduzione del traffico stradale e aereo; questo spiega perché il calo dei consumi di energia sia stato maggiore di quello del PIL (-8,9%), con conseguente riduzione dell’intensità energetica”, spiega Gracceva. “Inoltre, le emissioni di CO2 sono diminuite più dei consumi di energia (12% contro 10%), poiché il decremento ha riguardato soprattutto fonti fossili e, in particolare, quelle a maggiore intensità carbonica come petrolio e carbone”.
Dall’Analisi emerge anche che il 30% della riduzione delle emissioni è legato a fattori ‘virtuosi’ (come la riduzione dell’intensità energetica e il minor utilizzo di fonti fossili carbon intensive) e per il 70% alla contrazione del PIL. Nel 2020 l’indice ISPRED ha segnato un deciso aumento su base annua (+38%), grazie al forte miglioramento di prezzi (+80%) e decarbonizzazione (+40%), mentre risulta in leggero peggioramento la sicurezza energetica, a causa delle difficoltà nel settore elettrico e nella raffinazione che ha sofferto margini negativi e un forte calo dell’utilizzo degli impianti.
“Il settore elettrico – sottolinea Gracceva – si è trovato a dover gestire il forte incremento della generazione rinnovabile non programmabile che ha raggiunto nuovi massimi storici (20% su base mensile a maggio, oltre il 70% su base oraria), con costi crescenti per la gestione in sicurezza del sistema. Inoltre è a livelli critici il margine di capacità installata necessario a coprire la domanda”.
La forte diminuzione di petrolio (e del carbone) ha spinto al minimo storico dal 1961 la quota di fossili nel mix energetico (72% contro il 74% del 2019), mentre il gas si rafforza come prima fonte energetica in Italia (37,4%), anche se con consumi in calo del 5,6% rispetto all’anno precedente. Stabili le rinnovabili (+1% quelle elettriche) e forte diminuzione delle importazioni nette di elettricità (-13%).
“Nel 2020 la richiesta di energia elettrica è diminuita invece di un più contenuto 5,3%, con un calo particolarmente marcato tra marzo ed aprile, quando la chiusura delle attività produttive ha ridotto i consumi elettrici industriali di circa il 30% su base annua. Con il progressivo allentamento delle misure la riduzione tendenziale si è progressivamente attenuata: dal -14% del II trimestre al -2,5% del III e al -0,4% del IV, con variazioni positive a novembre e dicembre”, aggiunge Gracceva. Ne è conseguito un aumento dell’“elettrificazione” del sistema energetico, cioè della quota di consumi di energia coperti da elettricità, salita al 21%, nuovo massimo storico.
I prezzi dell’energia elettrica per le imprese sono diminuiti del 15% per tutte le fasce di consumo, collocandosi intorno ai minimi del decennio. Per i consumatori domestici la riduzione del prezzo è stata di circa il 10%. Sul fronte gas, il prezzo per le imprese ha subito cali superiori al 20%, con valori vicini ai minimi decennali, soprattutto per le imprese più grandi. Tuttavia, a partire da fine estate si sono registrati aumenti che hanno comportato una rapida risalita del costo della bolletta nel IV trimestre 2020, sia per le utenze industriali che per quelle domestiche. Elemento di rilievo dell’anno è che si è ridotto il differenziale di prezzo di elettricità e gas che in Italia si paga in più rispetto al resto dell’Ue, sia all’ingrosso che nei consumi finali.
Grazie alla riduzione dei consumi energetici totali, la quota di rinnovabili (FER) sui consumi finali è pari al 20% circa (+2 punti percentuali rispetto al 2019), un dato che consente all’Italia di superare il target Ue del 17% al 2020. “Se i consumi totali fossero rimasti sui livelli del 2019 la quota di FER si sarebbe fermata poco oltre il 18,1%, a conferma del fatto che la progressione verso il target stabilito nel PNIEC per il 2030 (30%) rimane lenta, e ancor più lontano risulta il nuovo target Ue. Il 2020 ha infatti segnato un ulteriore rallentamento delle installazioni di nuova capacità elettrica rinnovabile, ferme a circa 1/4 di quanto sarebbe necessario per raggiungere gli obiettivi 2030”, conclude Gracceva.