Oltre un miliardo di persone nel mondo non ha accesso ad acqua potabile, un bambino su cinque muore per sete o per malattie legate al consumo di acqua non sicura, il 40% della popolazione globale convive con problemi di scarsa disponibilità d’acqua che, secondo l’Onu, sono alla base di oltre 50 conflitti, di cui 37 armati. Per mettere al centro del dibattito internazionale questi e altri problemi legati all’oro blu, nel 1992 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Mondiale dell’acqua, che cade il 22 marzo.
Anche in Italia è sos per la gestione dell’acqua a causa delle emerse problematiche legate all’intera rete idrica nazionale e per la difficoltà di trattenere acqua piovana nel Paese, dato fermo all’11%.
L’emergenza denunciata con la giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo chiede una strategia idrica per il Paese e segnala che all’appello ad oggi mancano – secondo l’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi) – 5 miliardi di metri cubi d’acqua rispetto a 50 anni fa quando nel 1971 la Conferenza Nazionale delle Acque aveva indicato in almeno 17 miliardi di metri cubi la necessità di invaso necessaria a soddisfare le esigenze del Paese al 1980.
Attualmente la capacità è di 13,7 miliardi di metri cubi secondo i dati del Comitato Italiano Grandi Dighe, ma l’autorizzazione all’uso di 11,9 miliardi. Il grido di allarme, arrivato in occasione della ricorrenza istituita dall’Onu nel 1993 come momento di riflessione sull’importanza della risorsa, e richiamato da Papa Francesco all’Angelus che ha ricordato di “riflettere sul valore del meraviglioso e insostituibile dono di Dio”, sottolineato che “troppi, tanti, tanti, fratelli e sorelle hanno accesso a poca acqua e magari inquinata” e detto che ” è necessario assicurare a tutti acqua potabile e servizi igienici”.
La Giornata dell’acqua riapre dunque il dibattito sulla gestione idrica nel Paese e sottolinea urgente la necessità – secondo il parere di Anbi – di incrementare le capacità di invaso per sopperire alle esigenze idriche in un quadro condizionato dalla crisi climatica con piogge sempre più “tropicali”, ripetuti fenomeni alluvionali e stagioni siccitose. Sulla stessa lunghezza d’onda o quasi Confagricoltura. L’organizzazione afferma che “occorre mettere mano con urgenza all’intera rete idrica nazionale, visto che dopo trent’anni di abbandono è in pessime condizioni”.
In particolare sottolinea che le priorità sono quelle di “costruire nuovi invasi, rinnovare i sistemi irrigui, sanare la rete dell’acqua potabile che perde il 42% tra quella immessa e quella erogata”.
“L’acqua è un bene universale, di difficile accesso per più di due miliardi di persone nel Pianeta. È un problema globale che deve investirci come decisori politici e come singoli cittadini” – commenta il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani – L’oro blu, come viene definito, deve diventare un bene accessibile a tutti, in particolare ai Paesi del sud del mondo che ne soffrono la scarsità. L’acqua è un bene che va preservato a tutti i livelli, a cominciare dalla rete idrica che nel nostro Paese disperde il 42% dell’acqua erogata. La Transizione ecologica deve migliorare e proteggere le nostre risorse idriche: con il PNRR stiamo lavorando su questa tematica, per mettere in sicurezza l’infrastruttura, i bacini idrici e gli alvei naturali”.
Il tema della siccità è invece al centro della denuncia della Coldiretti. La siccità – sostengono dall”organizzazione entrando nel merito della questione – rappresenta l’evento climatico avverso più rilevante per l’agricoltura italiana con danni stimati in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti”.
Coldiretti precisa nello specifico che “nonostante i cambiamenti climatici l’Italia resta un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11%”.