I Paesi dell’Unione europea, a causa dell’importazione di prodotti come soia, olio di palma, carne bovina, cacao, caffè e legno, sono tra i maggiori responsabili della deforestazione tropicale e della distruzione di ecosistemi come praterie, savane e zone umide, per un totale di 203 mila ettari di terreni naturali compromessi e 116 milioni di tonnellate di CO2 emesse tra il 2005 e il 2017.
È quanto afferma il rapporto dal Wwf del titolo “Stepping up: the continuing impact of Eu consumption on nature”, che rivela le nefaste conseguenze della cosiddetta “deforestazione incorporata”, che si realizza attraverso beni importati, sugli ecosistemi tropicali e subtropicali in America centro meridionale, Africa e Sud-est asiatico. Basato su dati e approfondimenti realizzati dallo Stockholm environment institute (Sei) e sulle analisi del Transparency for sustainable economies-trase, il dossier mostra che otto economie Ue, tra cui, in ordine, Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna (ancora inclusa nel conteggio), Paesi Bassi, Francia, Belgio e Polonia, hanno generato da sole l’80% della deforestazione collegata alle importazioni europee dai Paesi tropicali.
Secondo il rapporto WWF, nel 2017 l’Unione Europea è risultata il secondo più grande importatore di deforestazione incorporata nei prodotti, subito dopo la Cina. Nel periodo di studio l’UE ha causato il 16% della deforestazione associata al commercio internazionale, superando India (9%), Stati Uniti (7%) e Giappone (5%).
Tra il 2005-2017 la soia, l’olio di palma e la carne bovina sono stati, in termini quantitativi, i prodotti importati dall’UE di maggior peso nella deforestazione tropicale, seguiti dai prodotti legnosi prelevati da piantagioni, cacao e caffè.
Le zone più colpite da questo fenomeno, per l’importazione di soia e carne bovina, sono il Cerrado e l’Amazzonia in Brasile e il Chaco in Paraguay e in Argentina, per il cacao l’Africa centrale, e per l’olio di palma l’Indonesia, la Malesia e Papua Nuova Guinea.
Oltre alle foreste, spiega il dossier, il fenomeno riguarda anche altri ecosistemi naturali, come praterie, zone umide e savane, ricche di biodiversità e punti di riferimento per le comunità locali, distrutte a causa dello sfruttamento agricolo. Anche con la deforestazione a zero, si prevede, infatti, che sette milioni di ettari di terreno in Paraguay, 10,5 milioni in Argentina e 88 milioni in Brasile potrebbero essere distrutti dall’avanzare dell’agricoltura.
“L’espansione dell’agricoltura nelle regioni tropicali” – si legge nel dossier – “è la più grande minaccia per le foreste e per gli altri ecosistemi naturali, responsabile globalmente della deforestazione di cinque milioni di ettari di foreste in terreni agricoli tra il 2005 e il 2017”.
La responsabilità di questo fenomeno non è esclusiva dei Paesi produttori, ma anche di quelli importatori: le legislazioni dei Paesi venditori, infatti, non sono sufficienti per proteggere gli ecosistemi naturali e i mercati globali esercitano una pressione crescente sulle aree intatte, creando nuove frontiere di conversione.
Secondo uno degli autori principali del report Anke Schulmeister-Oldenhove, Senior Forest Policy Officer dello European Policy Office-EPO del WWF: “In tutto il mondo, la deforestazione e la trasformazione di ecosistemi naturali stanno alimentando la crisi del clima e della biodiversità. Stiamo segando il ramo su cui siede l’umanità e mettendo a repentaglio la nostra stessa salute”.
“Sebbene l’Unione europea si sia impegnata a fermare la deforestazione entro il 2020” – prosegue il Rapporto – “e sebbene il 2020 sia passato, siamo lontani dal raggiungimento di questo obiettivo. L’Ue continua a guidare la distruzione di foreste e altri ecosistemi attraverso il consumo di merci”.
Per questo, il Wwf propone una legislazione per fermare la distruzione delle foreste e di altri ecosistemi, che prevede otto punti fondamentali.