Migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema economico assicurando una transizione equa e inclusiva. Questo uno dei sei macro target del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), il programma di investimenti che l’Italia presenterà alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU. Il governo ha trasmesso alle Camere il testo finale, con l’obiettivo di inviarlo a Bruxelles in settimana.
Nonostante le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, secondo il quale “una delle missioni del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza è espressamente dedicata alla “rivoluzione verde”, il testo del PNRR non soddisfa appieno le associazioni ambientaliste che gridano a gran voce: si poteva fare di più.
Per la cosiddetta transizione ecologica, il Governo prevede di investire complessivamente 68,6 miliardi – 59,3 miliardi dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo complementare – dei 222,1 miliardi stimati sull’intera operazione.
“Il PNRR è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del paese. Il Governo intende aggiornare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile, ambiente e clima, idrogeno, automotive e filiere della salute”, ha sottolineato il Premier.
PNRR: cosa prevede la transizione verde
Nel dettaglio, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza prevede investimenti e riforme per l’economia circolare al fine di raggiungere nuovi e ambiziosi obiettivi. Quali? Il 55% di riciclo di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE); 85% di riciclo nell’industria della carta e del cartone; 65% di riciclo dei rifiuti plastici (attraverso riciclaggio meccanico, chimico, “Plastic Hubs”); 100% recupero nel settore tessile tramite “Textile Hubs”. In questo campo il Governo è pronto migliorare la rete di raccolta differenziata dei rifiuti urbani e realizzare nuovi impianti di trattamento/riciclo, soprattutto nei comuni del Centro-Sud Italia.
Inoltre verrà sviluppato un sistema di monitoraggio su tutto il territorio nazionale che consentirà di affrontare tematiche di “scarichi illegali” attraverso l’impiego di satelliti, droni e tecnologie di Intelligenza Artificiale. Ed entro giugno 2020 l’Italia adotterà la nuova strategia nazionale per l’economia circolare.
Il piano prevede importanti investimenti nelle fonti rinnovabili, semplificando le procedure di autorizzazione nel settore. La linea di intervento ha l’obiettivo di potenziare la capacità produttiva con nuovi 6 GW, migliorare la resilienza la rete elettrica e digitalizzare le infrastrutture di trasmissione e distribuzione dell’energia. Gli investimenti sosterranno anche la realizzazione di sistemi di generazione energetica off-shore (200 MW), che combinino tecnologie ad alto potenziale di sviluppo con tecnologie più sperimentali (es. impianti a moto ondoso), in assetti innovativi e integrati da sistemi di accumulo.
L’idrogeno avrà un ruolo di primo piano, attraverso progetti flagship per l’utilizzo del vettore nei settori industriali hard-to-abate e tramite la creazione di “hydrogen valleys”. Inoltre, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza stanzia risorse per il rinnovo del trasporto pubblico locale, con l’acquisto di bus a bassa emissione, e per il rinnovo di parte della flotta di treni per il trasporto regionale con mezzi a propulsione alternativa.
La terza linea d’intervento prevede incentivi fiscali per incrementare l’efficienza energetica di edifici privati e pubblici, assieme alla proroga del superbonus 110% al 2023. Spazio ovviamente anche alle infrastrutture idriche, con l’obiettivo di ridurre le perdite nelle reti per l’acqua potabile del 15%, e alla riduzione del dissesto idrogeologico.
Le reazioni delle associazioni ambientaliste
Tra le prime a far sentire la sua voce, Legambiente ha chiesto di “concretizzare la transizione ecologica partendo dai territori e da quelle dieci opere faro che possono proiettare l’Italia verso un 2030 più sostenibile e verde”.
“Dal nuovo Esecutivo guidato da Mario Draghi ci aspettiamo scelte coraggiose e radicali sui progetti da finanziare, puntando solo sulle tecnologie pulite per la produzione di energia rinnovabile, sull’idrogeno verde, sugli impianti di economia circolare, sulla mobilità a emissioni zero in città e sulle tratte extra urbane, sulla rigenerazione urbana, sull’agroecologia, sul turismo sostenibile e sulle aree protette – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Solo così si potrà concretizzare la transizione ecologica di cui si parla da anni e proiettare davvero l’Italia al 2030 rendendola più verde, pulita e inclusiva, dando delle risposte concrete ai cittadini e ai giovani che continuano a scioperare per il clima”.
Per il WWF, “il PNRR trasmesso alle Camere è un passo significativo ma non basta per una la rivoluzione verde che ha bisogno di una spinta ulteriore sull’energia, sulla biodiversità, sul territorio, l’economia circolare e l’agricoltura biologica”. Per questa ragione l’associazione “chiede al Governo di usare anche una quota significativa, almeno 10,6 miliardi di euro dei 30 della programmazione complementare al PNRR per tentare di superarne alcuni limiti e integrare e rafforzare i contenuti del Piano nelle scelte per la rivoluzione verde e la transizione ecologica in campi quali la conservazione della biodiversità, le energie rinnovabili e il contrasto ai cambiamenti climatici, la tutela del territorio, l’economia circolare e l’agricoltura biologica”.
Greenpeace, invece, ieri ha organizzato un sit-in e parlato di «una mezza svolta verde. Con uno spazio davvero troppo esiguo per un serio dibattito pubblico e senza le schede progettuali da cui si potrebbe capire di più, il Pnrr presenta qualche novità di rilievo ma ancora diversi limiti».
Secondo l’associazione ambientalista, tra le note positive del Pnrr a firma Draghi figura l’accenno alle tecnologie per le fonti rinnovabili offshore ma manca una svolta sull’economia circolare, sono assenti misure per la riduzione della produzione di rifiuti e l’innovazione necessaria a ridurre il ricorso all’usa e getta specie per la plastica. Inoltre, non c’è un riferimento preciso allo sviluppo dell’agricoltura ecologica e biologica, né a un obiettivo di riduzione del numero dei capi allevati spostando le risorse della Pac su produzioni agroecologiche.
Anche FederBio chiede “la definizione di strategie nazionali per il biologico e l’implementazione della transizione agroecologica nei Piani d’azione nazionali”.