L’ingegnere tedesco Karl Benz nel 1886 registrò, all’Ufficio Brevetti dell’Impero Germanico, Patent Motorwagen, rinominata dalla stampa “Velociped”: la prima automobile della storia con tre ruote e alimentata dalla ligroina (etere di petrolio), una sorta di “benzina leggera”. La strabiliante invenzione dell’autovettura ha rivoluzionato la vita dell’uomo apportandone diversi benefici, ma anche l’irrisolto problema dell’inquinamento atmosferico generato dalla combustione interna del motore. Difatti, i gas di scarico che ne derivano possono provocare malattie respiratorie, irritazione oculare, ma sono anche causa di problematiche universali – smog, piogge acide, effetto serra – oggi non più astratte e che sollevano preoccupazione e controversie circa la modalità risolutiva delle stesse. Con le recenti decisioni della Comunità Europea, la soluzione sembrerebbe essere l’elettrificazione dei motori.
Le auto elettriche B.E.V. (Battery Electric Vehicle) sono veicoli privi di serbatoio per il carburante, cioè caratterizzate da un motore elettrico, pertanto completamente alimentate con elettricità: essa è data da un pacco di batterie ricaricabili a Litio. La discussione si interpone tra i sostenitori delle auto elettriche e gli oppositori delle stesse, i quali ne evidenziano deficit, incongruenze, impossibilità. Quali sono le motivazioni degli uni e degli altri?
Per i sostenitori sono tanti i vantaggi ricavabili dal passaggio all’elettrico puro. Non essendoci combustione, la macchina in analisi non emette inquinanti dallo scarico ed è perciò definita “ecologica”; se la centrale da cui si ricava l’energia si alimenta da fonti rinnovabili le emissioni sono pari a zero. L’autovettura può essere ricaricata presso le colonnine di ricarica e punti di servizio: comuni luoghi pubblici, comodamente alla presa di corrente domestica, wallbox da garage, hotel, centri commerciarli. Anche l’inquinamento acustico ne risulterebbe diminuito grazie alla silenziosità del motore elettrico. Avrebbero inoltre modesti prezzi di manutenzione e diversi vantaggi amministrativi (il bollo auto non si paga per 5 anni ed è ridotto del 75% – incentivi d’acquisto – libero accesso ovunque). Ad avvalorare la provvidenzialità dell’elettrico puro concorre la società per azioni italiana RSE (Ricerca Sistema Energetico) con lo studio dei parametri Well-to-wheel (dal pozzo alla ruota) e Life Cycle Assessment (analisi del ciclo di vita) per confrontare le emissioni clima-alteranti delle auto elettriche e quelle dei veicoli tradizionali. Dall’approccio WTW risulterebbe che le auto elettriche emettono meno CO2eq di quelle a combustione interna e l’analisi LCA, in virtù delle molteplici e complesse variabili considerate (Mix energetico usato per ricaricare la batteria – Confrontabilità di potenza e prestazione – Stima dei consumi – Vita dell’auto e della batteria – Emissioni di CO2eq legate alla produzione delle batterie) confermerebbe che il veicolo elettrico è sempre quello con meno “costi esterni ambientali”. In sostanza il risparmio di CO2eq, in LCA e in cicli di guida urbani, varierebbe tra il 55% ed il 40% rispetto alle versioni benzina e tra il 40% e il 22% rispetto al quelle diesel.
Tuttavia, chi ne sostiene le incongruenze sottolinea che l’auto non dovrebbe essere definita a “emissione zero” dacché, rispetto alla vettura a combustione, emanerebbe emissioni di CO2 inferiori di almeno il 25-30% sulla lunga percorrenza, ma non nulle. Secondo l’Istituto di ricerca indipendente tedesco IFO, l’auto elettrica non emette inquinanti durante il suo utilizzo, ma l’inquinamento complessivo è fornito dalla fonte che alimenta le batterie e dalle emissioni generate dallo smaltimento degli accumulatori a fine vita; l’Istituto prova che in Germania il ciclo di vita completo di una Tesla Model 3 produce fra 156 e 181 g/km di CO2, contro i 141 g/km di una Mercedes C220d. E qual è il destino delle batterie esauste? Ad oggi non esiste risposta anche se l’UE sta studiando come creare filiere in grado di smaltire questo particolare rifiuto. All’inesistenza di un centro di recupero in Europa, si aggiunge l’instabilità e l’alta infiammabilità del litio: le batterie a ioni e litio sarebbero più difficili da demolire in comparazione a quelle tradizionali e gli elementi in esse contenuti (Co, Mn, Ni) apparirebbero più pericolosi, pollutanti ed esplosivi. In più, al momento non esiste un piano che regolamenti le modalità di demolizione e riciclo delle molteplici componenti dei veicoli che finiranno in discarica. Tra le spinosità risaltano la ridotta disponibilità delle colonnine di ricarica e i proibitivi costi d’acquisto su larga scala. Dall’analisi degli ultimi dati dell’Eafo (European Alternative Fuel Observatory) scaturisce che in Italia ci sono 17.397 punti di ricarica, di cui oltre il 70% è pubblico, ma l’infrastruttura italiana è ancora indietro rispetto all’Europa e la maggior parte delle installazioni si centralizzano nel Centro Nord. Inoltre, il palese ostacolo per l’acquirente sarebbe l’eccessivo costo di mercato, movente di incapacità d’acquisto per la società di massa: in molti casi si evince come il listino prezzi parta dai 23.500 euro dei modelli più semplici fino ai 150.000 euro di quelli tecnologicamente più avanzati.
Nei mesi scorsi la multinazionale Toyota ha sollevato una serie di dubbi circa la reale sostenibilità delle auto elettriche poiché, per essere definite “a zero emissioni”, bisognerebbe valutare tutte le fasi del prodotto. Sarebbe avventato puntare al solo elettrico puro secondo il vice presidente della compagnia Shigeki Terashi, il quale rivendica la vantaggiosità di “un approccio multi-tecnologico”.
«Dobbiamo essere realisti, la transizione ecologica non si realizza in un attimo» afferma il Ministro Roberto Cingolani, ponendo in essere le problematicità, in particolare l’aggravio dei costi e la limitata presenza di colonnine, che ostacolerebbero l’elettrificazione delle auto in Italia.
A parità di ipotetici vantaggi e svantaggi, sembrerebbe non esistere un’assoluta verità. Est modus in rebus? Oltre ogni relativismo, gli obiettivi, inequivocabilmente, restano i medesimi: riduzione degli inquinanti, lotta al cambiamento climatico, miglioramento della qualità dell’aria.
In conclusione, la Commissione Europea ha stabilito che, a partire dal 2035, non sarà più possibile immatricolare auto a benzina o diesel al fine di ottenere la neutralità climatica entro il 2050, destando “Sconcerto e forte preoccupazione” dell’ Anfia (l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica). In Italia si dirà addio ai veicoli tradizionali entro il 2040; il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, ha dichiarato che le case automobilistiche stanno lavorando sull’offerta del prodotto, sulla riduzione dei costi delle batterie e sui regolamenti di smaltimento e recupero delle stesse per ridurre al minimo l’inquinamento che ne potrebbe derivare. Sinergicamente, assicura il ministro, sarà favorito il rinnovamento del “parco circolante”, tra i più vecchi d’Europa, e verranno rilasciati incentivi volti a sensibilizzare la popolazione all’utilizzo di motori che aiuterebbero a “respirare”, non solo il pianeta, ma la comunità stessa.