Oceano artico: sempre più caldo dall’inizio dello scorso secolo

Un team di ricerca internazionale guidato dall’Istituto di scienze polari e di scienze marine del Cnr con il contributo dell’Università di Cambridge ha ricostruito la storia recente del riscaldamento alle porte dell'Oceano artico, in una regione chiamata lo Stretto di Fram, tra la Groenlandia e le Svalbard. Il lavoro, pubblicato su Science Advances, data per la prima volta l’inizio del riscaldamento del più piccolo degli oceani e prevede un ulteriore aumento in futuro a causa del cambiamento climatico

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© Cnr

L’Oceano artico ha iniziato a riscaldarsi rapidamente all’inizio del XX secolo, decenni prima di quanto finora documentato dalle moderne misurazioni sperimentali. La notizia arriva da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Istituto di scienze polari (Cnr-Isp) e di scienze marine (Cnr Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna con la collaborazione dell’Università di Cambridge. La causa è un fenomeno da tempo noto come ‘atlantificazione’, ossia una progressiva intrusione di acque atlantiche (calde e salate) nel dominio artico (freddo e dolce). Il lavoro, pubblicato sulla rivista Science Advances, individua per la prima volta la datazione storica di questo fenomeno.

“L’atlantificazione artica sta progressivamente accelerando, tuttavia, prima del nostro studio non avevamo una visione storica di questo processo, in quanto le osservazioni da satellite sono limitate all’incirca agli ultimi 40 anni. Questo cambiamento delle acque ha preceduto invece il riscaldamento documentato da satelliti e siti osservativi”, spiega Tommaso Tesi, primo autore del paper e ricercatore del Cnr-Isp.

Per lo studio il team di ricerca ha preso in esame una regione all’entrata dell’Oceano artico, lungo la parte orientale dello stretto di Fram, tra la Groenlandia e le Svalbard. “Abbiamo analizzato un record sedimentario marino – la nostra ‘macchina del tempo’ – alla ricerca di segni diagnostici dell’atlantificazione, quali il cambiamento di temperatura e salinità”, prosegue Tesi. “’Leggendo’ le firme chimiche trovate nei microrganismi marini abbiamo constatato come dall’inizio del XX secolo, la temperatura dell’oceano sia aumentata di circa 2 gradi Celsius, mentre il ghiaccio marino si è ritirato e la salinità aumentata. Infatti, quando abbiamo esaminato l’intero arco temporale di 800 anni, i nostri record di temperatura e salinità erano piuttosto costanti, quando siamo arrivati a prendere in esame l’inizio del XX secolo, abbiamo constatato un marcato cambiamento di questi parametri”.

“Tutti gli oceani del mondo si stanno riscaldando a causa dei cambiamenti climatici, ma l’Oceano artico, il più piccolo e il più superficiale degli oceani, si sta riscaldando più velocemente di tutti. Il tasso di riscaldamento nell’Artico è più del doppio della media globale, a causa della fusione dei ghiacci marini e terrestri”, afferma Francesco Muschitiello, coautore dell’articolo e ricercatore del Dipartimento di geografia dell’Università di Cambridge. “Abbiamo confrontato i nostri risultati con la circolazione oceanica a latitudini più basse, scoprendo che esiste una forte correlazione con il rallentamento della formazione di acqua densa nel Mare del Labrador (un braccio dell’Oceano atlantico del Nord che si trova fra la penisola del Labrador e la Groenlandia meridionale).

© Cnr

In uno scenario di riscaldamento futuro, si prevede che la circolazione profonda in questa regione subpolare diminuirà ulteriormente a causa della fusione della calotta glaciale della Groenlandia. I nostri risultati implicano che potremmo aspettarci un’ulteriore atlantificazione artica in futuro a causa del cambiamento climatico”. I risultati del nuovo studio di Science Advances non sono ancora contemplati nei modelli climatici attuali e questo pone un problema nel delineare i futuri trend. “Le simulazioni climatiche generalmente non riproducono questo tipo di riscaldamento nell’Oceano artico, il che significa che c’è una comprensione incompleta dei meccanismi che guidano l’atlantificazione”, conclude Tesi. “Ci affidiamo a queste simulazioni per proiettare i futuri cambiamenti climatici, ma la mancanza di segni di un riscaldamento precoce nell’Oceano artico è un pezzo mancante del puzzle”.


La ricerca è stata possibile grazie alla Base Dirigibile Italia, infrastruttura permanente in Artico gestita dal Cnr-Isp (https://www.isp.cnr.it/index.php/it/infrastrutture/stazioni-di-ricerca/stazione-artico-dirigibile-italia)

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