Il Bosco Pantano di Policoro, l’ultima foresta incantata

Ogni anno, il 21 marzo, si celebra la Giornata Internazionale delle Foreste con l’intento di aumentare tra i cittadini la consapevolezza che gli ecosistemi forestali forniscono all’umanità: acqua, legna, fibre, cibo, medicine, energia, adattamento al clima, regolazione idrogeologica, ricreazione ed esperienze estetica, culturale e spirituale. Il Bosco Pantano di Policoro rappresenta l’ultimo lembo di foresta planiziale dell’Italia meridionale scampato alle bonifiche selvagge che hanno interessato il territorio lucano nel secolo scorso e che merita di essere salvaguardato.

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Riprese aeree del Bosco Pantano di Policoro nell'ambito del progetto l'Ultima Foresta Incantata

Il Bosco Pantano rappresenta l’ultimo lembo di foresta planiziale dell’Italia meridionale, “un fossile” scampato alle bonifiche selvagge e all’intensificazione agricola che hanno interessato il territorio lucano nel secolo scorso. Situato sulla sinistra idrografica del fiume Sinni, si estende su una superficie di poche centinaia di ettari nel comune di Policoro in provincia di Matera (Basilicata). Come il nome stesso suggerisce, si tratta di foreste che vegetano nelle aree alluvionali o ripariali di pianura. Allo stato attuale, di foreste planiziarie, in Italia e in Europa, ne restano ben poche e fra queste vale la pena citarne alcune, quali la riserva naturale statale ‘Bosco Fontana’ nel cuore della pianura padana e il ‘Parco naturale di Migliarino’ in Toscana. Nel corso dell’ultimo secolo, le intensive attività di deforestazione e bonifica hanno profondamente alterato tali popolamenti in termini di estensione, stabilità idrogeologica e distribuzione delle specie forestali autoctone come la farnia (Quercus robur) e il frassino (Fraxinus oxycarpa). In scala di importanza, l’intervento che più ha minato la struttura ecologica del biotopo policorese è senz’altro l’abbassamento della falda freatica superficiale, in particolare modo in seguito alla realizzazione dell’invaso di “Monte Cotugno” nei primi anni 80’. Mentre il processo di disboscamento è stato scongiurato tramite l’istituzione dell’area protetta nel 1999, non è possibile affermare che lo stesso sia accaduto per tutti gli altri fenomeni di degrado che tuttora continuano ad interessare l’intera area. Nonostante i numerosi studi ed i progetti realizzati da diversi enti della Regione Basilicata, non è possibile, ad oggi, affermare che vi sia una completa conoscenza dei rischi e delle vulnerabilità che potrebbero compromettere in futuro la sopravvivenza di tali ambienti. Dai recenti sopralluoghi effettuati dall’Università di Basilicata e dal CNR è emerso infatti il notevole stato di sofferenza che caratterizza le specie forestali igrofile, ed in particolare i pochi nuclei di farnia ancora presenti. Tale aspetto, evidenzia dunque la necessità di intervenire tramite l’attuazione di progetti che mirino al recupero e alla conservazione di tali ambienti. Nello specifico, sarebbe opportuno attuare azioni volte al ripristino delle originarie condizioni idrogeologiche e idrauliche dell’area al fine di soddisfare la principale esigenza ecologica delle specie forestali tipiche dei boschi planiziali, ossia la presenza di terreni inondati per gran parte dell’anno.

Cenni storici

Le prime descrizioni del “Bosco Pantano” risalgono al IV-V sec. a.C. e sono contenute nelle tavole bronzee di Eraclea. Le due tavole, oltre agli aspetti puramente tecnici e normativi, offrono una chiara descrizione del paesaggio circostante caratterizzato dalla presenza di terre incolte (Arrectos), macchia mediterranea (Schi-ros) e boschi di querce (Drumos). Quest’ultimo lembo di foresta planiziale era però ben noto anche ai moltissimi scrittori, che tra XVIII e XX secolo si spinsero durante i loro viaggi nel sud Italia. Il bosco Pantano era infatti descritto come uno spettacolo della natura, una foresta sacra e impenetrabile, in cui la macchia mediterranea si alternava ai querceti ricchi di fauna selvatica.

Il crepuscolo regna sovrano in questo dedalo di alberi alti e decidui. C’è anche un fitto sottobosco; ed io ho misurato un vecchio lentisco che aveva tre metri di circonferenza. Ma la caratteristica esotica del bosco è la dovizia di rampicanti che si abbarbicano agli alberi, dondolandosi da una cima all’altra delle piante e lasciando filtrare fili sottilissimi di luce solare attraverso la loro volta intrecciata. Policoro ha la bellezza aggrovigliata di una palude tropicale. Odori pungenti si levano dalle foglie marcescenti e dalla terra umida e quando ci si sia addentrati in quel labirinto verdeggiante, si può anche immaginare di essere in qualche primitiva regione del globo terrestre, dove mai piede umano è penetrato”.

 “Una foresta sacra dominata dal silenzio e dall’oscurità misteriosa che regna sotto le querce vecchie come il mondo, popolata da una folla pacifica di animali e da ogni specie di selvaggina; dai cinghiali, dai daini, dai cervi, dai caprioli per non parlare delle martore e degli scoiattoli di cui noi vedemmo una gran quantità passeggiare sulle nostre teste, di albero in albero”.

Sono le parole con il quale nel 1907 lo scrittore britannico Norman Douglas immortalò la foresta jonica. Fino ai primi decenni del novecento il bosco di Policoro era ancora ricco di vegetazione, paludi e completamente differente dallo stato attuale. I processi di trasformazione ebbero inizio infatti soltanto negli anni 30’, per poi concludersi qualche decennio più tardi con la riforma fondiaria e la realizzazione dell’invaso “Monte Cotugno” (1985). Le alterazioni indotte modificarono irreversibilmente il territorio richiamando l’attenzione e l’interesse di svariate enti volte alla salvaguardia e alla protezione dell’ambiente. Nel 1971, il Consiglio Nazionale delle Ricerche riconobbe il bosco di Policoro quale biotipo avente importanza nazionale per la componente botanica ed entomologica. Ciò spinse la Regione Basilicata nel 1980 verso un’importante iniziativa, ovvero sottoporre il bosco di Policoro a vincolo floro-faunistico (L. R n° 40/1980). Comunità e istituzioni cominciarono così a cooperare localizzando e proteggendo tutte le aree aventi particolari caratteristiche di interesse naturalistico e paesaggistico. A distanza di circa venti anni, nel 1999, venne così emanata la Legge Regionale n. 28 con il quale si istituiva la Riserva Naturale Orientata “Bosco Pantano di Policoro”.

Le azioni intraprese

La salvaguardia di questo prezioso ambiente si innesta dunque nella più generale questione della gestione dei boschi di pianura, situati in aree caratterizzate dall’elevata pressione antropica e dalla presenza di attività altamente impattanti. Per tali ragioni, fin dalla sua istituzione, la riserva è stata oggetto di molteplici iniziative volte allo studio e al monitoraggio degli ecosistemi naturali. Fra le iniziative più importati ricordiamo i progetti Codra Mediterranea, Life Providune, Life Euroturtles, Life Urca Proemys Italy e L’Ultima Foresta Incantata. Il progetto L’Ultima Foresta Incantata, finanziato da Fondazione con il Sud, rappresenta una delle iniziative più recenti nata grazie alla collaborazione di enti pubblici e privati, quali l’Università degli Studi della Basilicata, la Provincia di Matera, il WWF e la Legambiente. L’obiettivo del suddetto progetto è di salvaguardare il bosco igrofilo e la sua specie simbolo (Quercus Robur) mediante lo studio, il censimento e il monitoraggio dei pochi nuclei ancora presenti, nonché tramite la realizzazione di interventi volti a ripristinare le condizioni originarie del bosco.

Riprese del Bosco Pantano di Policoro nell’ambito del progetto l’Ultima Foresta Incantata

Le strategie e le azioni attuate in passato hanno prodotto i risultati attesi?

Il più delle volte, le misure di adattamento o di prevenzione attuate non sono risultate sufficientemente idonee a limitare le conseguenze prodotte dai fattori di stress naturali o antropici. Tuttavia, alcuni interventi hanno comunque innescato positivi fenomeni di rinaturalizzazione degli habitat, in particolare quelli effettuati a partire dal ’99 che fra le azioni previste, includevano anche la realizzazione della duna artificiale, degli stagni retrodunali e la piantumazione di essenze autoctone. Nonostante ciò, la sopravvivenza di questo interessante sito appare tuttora minacciata da una serie di fattori negativi. In tal contesto, gli ecosistemi forestali fortemente alterati o maggiormente vulnerabili assumono un ruolo prioritario divenendo oggetto di forte interesse per la comunità scientifica e per l’intera collettività. La vulnerabilità di un ecosistema forestale è espressa come «la frazione di biomassa che, in seguito un qualsiasi fenomeno di disturbo, potrebbe essere persa o gravemente alterata». In relazione a ciò, è semplice desumere l’importanza e il ruolo svolto dalle foreste planiziali, soprattutto in considerazione della loro grande valenza ecologica e naturalistica. Quantificare la vulnerabilità di queste foreste è dunque fondamentale al fine di sviluppare strategie di mitigazione e adattamento realmente efficaci.

Per tali ragioni, risulta importante adottare approcci strategici innovativi che tengano conto anche delle istanze dei portatori di interesse (stakeholders).

L’approccio dinamico SWOT – AHP

Nell’ambito del progetto L’Ultima Foresta Incantata, avviato nel 2019, è stato condotto uno studio volto a migliorare la conoscenza dei fattori di vulnerabilità ecosistemica del sito “Bosco Pantano” mediante l’applicazione di un metodo ibrido e innovativo definito SWOT-AHP.

Tale metodo ha permesso una valutazione quali – quantitativa dei fattori e delle categorie SWOT, al fine di individuare gli aspetti più importanti per gli stakeholders e sul quale agire mediante indirizzi e/o azioni volte ad incrementare la tutela del bosco. L’analisi ha mostrato un netto interesse degli stakeholders verso i gruppi SWOT “punti di forza” e “minacce”, evidenziando l’importanza e il ruolo che i querceti planiziali ricoprono in un contesto ambientale fortemente alterato. Allo stesso modo, occorre sottolineare anche la scarsa importanza attribuita ai gruppi SWOT “Punti di debolezza” e “Opportunità”. Da ciò, si evincono altri due importanti aspetti: il primo, riconducibile alla scarsa conoscenza degli aspetti che potrebbero compromettere la sopravvivenza della riserva; il secondo, ascrivibile alla ridotta capacità di saper sfruttare le numerose attività di ricerca e monitoraggio volte alla salvaguardia del bosco. Per quanto concerne i singoli fattori SWOT, percentuali maggiori sono state invece registrate per la rarità e la singolarità del luogo, l’elevata biodiversità, il rischio di incendi e/o desertificazione, ed infine per la frammentazione e la perdita di habitat. Alla luce di ciò, è evidente la necessità di intervenire mediante l’individuazione e l’adozione di forme di gestione innovative che possano meglio rispondere alle differenti esigenze territoriali.

Progetti e prospettive future

Sulla scia dei risultati ottenuti sarebbe auspicabile adottare un sistema di gestione ‘preventivo’ che miri alla protezione ed alla valorizzazione del sito attraverso il potenziamento di tutti quei progetti volti allo studio ed alla conoscenza della riserva. Fra le iniziative del 2022 compaiono due importanti progetti: “Ri-Party-Amo” e “Il Cammino Planiziale”. Nel primo caso, si tratta di un progetto nazionale condotto dal WWF Italia in collaborazione con la banca Intesa San Paolo. Diversamente, il Cammino Planiziale, è un progetto pilota ideato e realizzato dalla Regione Basilicata al fine di raggiungere l’obiettivo prioritario di ripristino e conservazione degli ambienti acquatici che insistono nelle aree Rete Natura 2000, ed in particolare modo delle zone retrodunali del Bosco Pantano di Policoro. Entrambi i progetti mirano ad un comune obiettivo, ovvero la protezione e la conservazione del sito “Bosco Pantano” mediante un programma di azioni volte allo studio e al monitoraggio, alla ricostituzione degli habitat, alla formazione dei più giovani e alla pulizia delle differenti aree. In tal contesto, appare dunque fondamentale preservare gli ambienti naturali da un inarrestabile declino antropico e climatico, nonché investire gran parte delle risorse disponibili in attività volte alla rinaturalizzazione e alla tutela di questi preziosi luoghi. Un tale approccio, potrebbe difatti garantire risvolti positivi non soltanto in termini sociali, ma soprattutto economici qualora si considerino le grandi opportunità legate al settore del turismo e della cultura.

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