Plastica in mare, 50mila esemplari del Mediterraneo la ingeriscono

Altro fenomeno comune è l'intrappolamento, che interessa soprattutto la tartaruga Caretta caretta. Da Ispra uno studio sugli effetti dei rifiuti marini

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La plastica nei mari è uno dei fenomeni più allarmanti causati dall’eccessivo consumo di materiale plastico e dal suo scorretto smaltimento e riciclo. La pericolosità è dovuta principalmente al fatto che gli animali marini rimangono intrappolati nei rifiuti galleggianti, arrivando spesso alla morte. Altro problema, non meno grave, è l’ingestione di particelle di plastica e microplastica da parte di diverse specie acquatiche.

Almeno 116 specie diverse nel Mediterraneo hanno ingerito plastica; il 59% di queste sono pesci ossei. Inclusi in questa percentuale anche quelli di interesse commerciale come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi; il restante 41% è costituito  da  altri  animali  marini  come  mammiferi,  crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli. Questi alcuni dei risultati di uno studio, condotto anche da ricercatori dell’Ispra, incluso nel capitolo del  libro  “Plastics  in  the  Aquatic  Environment – Current  Status and Challenges” pubblicato dalla  Springer Nature, in cui si descrive l’impatto dei rifiuti sulla vita  marina nel  Mediterraneo,  un ecosistema sensibile, caratterizzato da elevata biodiversità  ma  anche uno degli ecosistemi più minacciati  al  mondo dai  rifiuti  marini, su scala  globale  composti principalmente da plastica. 

Sono stati analizzati 128 documenti che riportavano impatti dei rifiuti marini su 329 categorie di organismi del Mediterraneo. Si tratta ad oggi dello studio più ampio ed aggiornato sull’intero Mediterraneo. Se c’è troppa plastica nello stomaco dei pesci, accade anche che buste e bottigliette diventino vettore di trasporto o ambiente di vita per diverse specie. 

Sono state rintracciate 168 categorie di organismi marini trasportati da oggetti galleggianti (principalmente di plastica), anche in ambienti in  cui non erano stati rintracciati prima;  tra questi, ci sono anche batteri patogeni che possono causare malattie nei pesci che li ingeriscono. Gli organismi più comuni trasportati dai rifiuti marini sono gli artropodi (crostacei) e gli Cnidari (gorgonie, coralli). I rifiuti marini, in particolare lenze e reti da pesca, possono inoltre distruggere, ferire e soffocare colonie di coralli e gorgonie anche in ambienti molto profondi e remoti.

La produzione mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni attuali, e ogni anno almeno 8 milioni di tonnellate finiscono negli oceani del mondo. La plastica raggiunge il mare a  causa  di  una  cattiva  gestione  dei  rifiuti,  ma  anche  per  la  sovrapproduzione  di  imballaggi  e  prodotti  monouso  che  vengono  messi  in  circolazione  dall’industria  alimentare  e  non  solo. 

Per limitare  i  danni,  l’Unione  europea  ha  approvato  una  direttiva  contro  la  plastica  monouso,  che  rappresenta una delle principali tipologie di plastica trovate nel Mediterraneo.  La plastica può colpire gli organismi marini attraverso l’ingestione e l’intrappolamento e gli impatti variano  a  seconda  del  tipo  e  delle  dimensioni.  Almeno  44  specie  marine  sono  soggette  ad  intrappolamento nella  plastica,  in  particolare  reti  da  pesca. 

L’intrappolamento  spesso  determina  la  morte  per  affogamento,  strangolamento  o  denutrizione,  soprattutto  per  i  mammiferi  marini;  la  tartaruga  marina  Caretta  caretta  è  la  specie  mediterranea  più  soggetta  ad  intrappolamento  ed  è  anche  una  delle  principali  specie  del  Mediterraneo  note  per  ingerire  plastica  (le  prime  evidenze  di  ingestione di rifiuti da parte della Caretta risalgono a metà anni ’80): è infatti stata identificata come specie indicatrice dell’ingestione di rifiuti nell’ambito della Strategia Marina. 

Diverse specie minacciate e quindi incluse nella Lista Rossa dell’International Union   for Conservation of Nature  (IUCN) – dal corallo rosso,  passando per il tonno rosso, lo spinarolo, e arrivando  al  capodoglio – risultano compromesse  dai  rifiuti  marini.  Mentre dallo studio emergono gli effetti diffusi dei rifiuti marini, e in particolare della plastica, sugli organismi marini del Mediterraneo, al  contrario, non  ci  sono evidenze scientifiche di effetti negativi dell’ingestione di microplastiche nei pesci, né tantomeno del trasferimento delle microplastiche fino all’uomo.

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