Gli abiti usati sono una risorsa preziosa per questo è indispensabile smaltirli in modo corretto. Lo si può fare in molti modi, primo tra tutti riciclando gli indumenti o avviandoli alla filiera del second hand, che sta prendendo sempre più piede in tutto il mondo grazie a negozi fisici e a store online specializzati nella vendita e nello scambio di abiti di seconda mano.
Ma quando non è possibile riciclarli o venderli, dove si buttano i vestiti usati? La risposta più semplice è: nei contenitori stradali antintrusione in buste ben chiuse e non troppo voluminose.
Trattandosi di rifiuti urbani, la raccolta è affidata dalla legge ai Comuni, ai Consorzi di Comuni o, su delega di questi, ai soggetti gestori del servizio pubblico, spiega Unicircular. La raccolta avviene mediante appositi contenitori, spesso di colore giallo, ed è importante che i cittadini conferiscano in modo appropriato i materiali, per facilitarne la raccolta, che è finalizzata al massimo riuso e recupero dell’abbigliamento usato.
Dall’attività delle aziende italiane di selezione e valorizzazione si ottiene mediamente il 40% di prodotti da avviare al mercato dell’abbigliamento usato, circa il 50% di materiale da avviare alla trasformazione in pezzame industriale, imbottiture e materiali fonoassorbenti e circa il 10% di rifiuti veri e propri.
L’attività di raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani ha diverse ricadute positive. Innanzitutto, fa bene all’ambiente perché prolunga la vita di prodotti e materiali, riducendo il consumo di materie prime ed energia necessari a produrne di nuovi. Ridotta anche la quantità di rifiuti che arriva nelle discariche e deve essere smaltita. Inoltre, ha conseguenze positive sull’economia in quanto i costi della raccolta sono ad oggi sostenuti grazie ai ricavi dell’attività e quindi non gravano sui cittadini; inoltre le pubbliche amministrazioni risparmiano i costi dello smaltimento di circa 130.000 tonnellate l’anno di rifiuti che ai prezzi attuali si possono stimare in circa 2,5 milioni di euro anno. Infine, ha degli effetti positivi a livello sociale in quanto l’attività di raccolta viene svolta principalmente da cooperative sociali che garantiscono l’inserimento di personale delle categorie svantaggiate.
Ad oggi in Italia la raccolta viene fatta su libera iniziativa delle singole amministrazioni e genera circa 130.000 tonnellate l’anno. Tuttavia, entro il 2025, secondo le nuove Direttive europee sull’Economia circolare in tutti i Paesi europei dovrà essere effettuata la raccolta differenziata dei rifiuti tessili urbani.
Gli abiti usati che gettiamo nei cassonetti stradali vengono comprati per lo più da aziende italiane per la successiva selezione ed avvio al riuso e riciclo. La restante parte, invece, viene acquistata da aziende collocate in Nord Africa, in Est Europa ed in Asia, che le selezionano ed avviano al riuso e riciclo per soddisfare la domanda dei mercati di quelle aree geografiche.
SmartRicicla, l’app per la raccolta differenziata in Italia, ha stilato un elenco di ciò che è possibile conferire nei cassonetti degli abiti dismessi.
COSA PUOI BUTTARE NEGLI INDUMENTI USATI
- abiti usati
- vestiti e cappotti
- biancheria intima, calzini
- stoffe in genere
- coperte
- tende
- tappeti e tappezzerie
- accessori di abbigliamento
- scarpe e scarponi
- borse e zaini
- cappelli
- sciarpe e guanti
COSA NON PUOI BUTTARE NEGLI INDUMENTI USATI:
- stracci unti
- tessuti usurati
- abiti contaminati da altro materiale
- abiti con etichette di metalli
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