Salute, ridurre il consumo di carne eviterà la prossima pandemia

Una riduzione del consumo di carne non solo eviterebbe il rischio di future malattie zoonotiche, ma avrebbe anche benefici immediati per l'ambiente, riducendo le emissioni di gas serra, il consumo del suolo e l'inquinamento delle acque

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La produzione industriale di prodotti animali è fonte di malattie e la prossima pandemia potrebbe scatenarsi dal settore avicolo, dicono le autorità mondiali in malattie zoonotiche emergenti.

Già nel 2004, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) avevano dichiarato che la causa primaria delle pandemie è da ricercarsi nella “crescente domanda di proteine animali” che porta ad un’escalation nell’allevamento intensivo.

In particolare, secondo gli esperti di salute globale l’attuale crescente domanda di carne bianca e quindi la produzione intensiva di pollame minaccia una nuova incombente pandemia nel settore avicolo.

“La produzione industriale e la crescente domanda di prodotti animali comporta un rischio molto maggiore rispetto ai wet markets,” ha affermato la Dr.ssa Talia Raphaely, autrice e ricercatrice presso il Curtin University Sustainability Policy Institute di Perth, in un’intervista con SmartGreen Post.

L’American Public Health Association ha recentemente chiesto una de-intensificazione dell’allevamento intensivo per prevenire futuri rischi di pandemie; e un articolo degli Annali dell’Accademia delle Scienze di New York ha suggerito di abbassare la densità degli animali all’interno delle aziende agricole.

“Eppure è bizzarro come, nonostante la comunità scientifica globale riconosca che sia l’attuale pandemia sia previsioni di ancora peggiori future pandemie siano direttamente collegate alla produzione intensiva di prodotti animali, cessare di mangiare carne, o almeno limitare radicalmente la quantità mangiata, rimane una misura preventiva in gran parte ignorata,” ha aggiunto Raphaely.

Infatti, seppure previsioni della FAO suggeriscono che il COVID-19 causerà il più grande recesso nel consumo globale di carne degli ultimi nove anni, gli esperti non hanno percepito un vero e proprio calo della domanda.

“Non ci sono prove chiare o ragioni per credere che l’attuale pandemia abbia in qualche modo avuto un impatto significativo sul modo in cui l’umanità considera il consumo di prodotti animali,” ha continuato Raphaely. “Questa diffusa mancanza di consapevolezza e di coscienza mi terrorizza perché le scelte alimentari individuali non influiscono solo sulla nostra salute personale, ma anche sulla salute globale.”

Una riduzione del consumo di carne non solo eviterebbe il rischio di future malattie zoonotiche, ma avrebbe anche benefici immediati per l’ambiente, riducendo le emissioni di gas serra, il consumo del suolo e l’inquinamento delle acque.

La professoressa Dora Marinova, direttrice del Curtin University Sustainability Policy Institute, ha spiegato a SmartGreen Post che il bestiame è una delle principali fonti di metano, un gas serra che ha un potenziale di riscaldamento globale stimato 84 volte superiore alla CO2.

Inoltre, oltre il 27% della terra disponibile su questo pianeta è stata convertita per il pascolo animale e la produzione di mangimi, rispetto a solo il 7% utilizzato direttamente per il consumo umano.

“Con questa conversione del suolo, l’umanità sta invadendo e distruggendo l’habitat di altre specie,” ha detto Marinova. “Abbiamo poco rispetto per le loro esigenze e anche per l’importanza della biodiversità per noi e per questo pianeta.”

Tuttavia, l’aumento delle innovazioni alimentari e dei sostituti della carne dimostra che il cambiamento potrebbe venire proprio dall’interno dell’industria. Anche i maggiori produttori di carne del mondo, come Perdue, Tyson, Cargill e Smithfield, si sono recentemente uniti alla rivoluzione meat-free lanciando sul mercato nuove prodotti di carne vegetale.

In particolare, durante il COVID-19 il consumo di ‘falsa carne’ ha registrato un forte aumento, con un incremento delle vendite in America fino al 264% rispetto a marzo. Infatti, mentre gli agricoltori e i macelli erano in difficoltà durante l’epidemia, aziende come Impossible Foods e Beyond Meat hanno invece aumentato la loro produzione di sostituti della carne.

“Il COVID-19 è un avvertimento e un invito all’uomo a riconsiderare il suo rapporto con la natura,” ha detto Marinova, “a reinserirsi e reintegrarsi nella natura e a vivere psicologicamente e tecnologicamente all’interno dei sistemi naturali della Terra, compresa la nostra produzione alimentare.”

Sia lei che Raphaely hanno fiducia nei cambiamenti all’interno dell’industria, nei movimenti attivisti e nella consapevolezza delle nuove generazioni, ma sono d’accordo sul fatto che i governi abbiano un ruolo cruciale nell’orientare le scelte alimentari dei consumatori.

Le esperte ritengono che la questione non sia stata affrontata con la dovuta urgenza e chiedono una comunicazione più trasparente sul legame tra scelte alimentari, cambiamento climatico e pandemie.

“Solo quando i governi, i leader globali e gli organi direttivi avranno il coraggio di farsi avanti e di comunicare la scienza e la verità, e di stimolare e incentivare il cambiamento, allora ci saranno scelte alimentari responsabili ed etiche e si diffonderà un crescente benessere ambientale e umano,” ha concluso Raphaely.

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