Contro la desertificazione Enea pianta pomodori di Cesena e orzo di Foggia

Migliorare la qualità del suolo e le colture e combattere la desertificazione: questo lo scopo dello studio internazionale che già sta dando buoni risultati

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Rigenerare i suoli agricoli a rischio desertificazione attraverso un innovativo biotrattamento che coniuga ricerca scientifica, economia circolare e bassi costi di produzione. È l’obiettivo di POREM, un progetto da quasi 1,5 milioni di euro del programma europeo LIFE, che vede la partecipazione per l’Italia di ENEA, Gruppo Soldano srl di Limbadi (Vibo Valentia) e ASTRA Sviluppo e Innovazione di Faenza (Ravenna) nel ruolo di coordinatore.

Il gruppo di ricerca, che comprende anche partner provenienti da Spagna e Repubblica Ceca, ha messo a punto un nuovo bioattivatore che utilizza come materie prime la pollina – il principale sottoprodotto dell’allevamento di pollame – e un preparato enzimatico naturale.

“La pollina è ricca di sostanze nutritive e rappresenta una fonte continua e a basso costo di materia organica e di nutrienti per la rigenerazione dei suoli. Mentre il preparato enzimatico deriva da una miscela di piante, come le graminacee e le apiacee, e costituisce l’elemento principale perché modifica la pollina in bioattivatore e ne determina le proprietà”, spiega Alessandra Strafella del laboratorio ENEA di Tecnologie dei materiali di Faenza.

“Il 45% dei suoli europei è a rischio desertificazione – prosegue la ricercatrice ENEA – e puntare su nuovi fertilizzanti non basta più. Con POREM abbiamo ideato una nuova tecnica che è in grado di rigenerare il terreno, migliorare produttività e biodiversità e, soprattutto, ridurre il fabbisogno d’acqua aumentando del 25-35% la ritenzione idrica del suolo. Alla base di questo risultato, c’è un preparato di enzimi che è in grado di nutrire la grande varietà di microrganismi che popolano e rendono fertile il terreno”.

Concretamente, il biotrattamento POREM è in grado di fissare nel suolo il carbonio (+40%), che rappresenta la sostanza organica che aumenta la fertilità del terreno e ne migliora la struttura riducendo i fenomeni di erosione e preservando la sua capacità di regolare i flussi idrici superficiali e profondi. Inoltre, determina un aumento delle sostanze nutritive per le piante, come fosforo (+20%) e azoto (+40%), che vengono trattenute nel suolo e rilasciate lentamente.

Ma c’è di più. La produzione del bioattivatore è a basso impatto ambientale perché riduce le emissioni di gas serra e abbatte il contenuto di ammoniaca (-80%), responsabile del cattivo odore, rispetto alla pollina non trattata. In Europa l’allevamento di pollame rappresenta la quarta fonte di emissione di ammoniaca e ora, grazie al progetto POREM, è possibile riconvertire uno scarto dell’industria avicola in un nuovo prodotto funzionale per il mantenimento della fertilità e della funzionalità dei suoli.

Finora nel nostro paese (precisamente in Calabria e in Puglia), sono state prodotte circa 3 tonnellate di bioattıvatore; in questa prima fase ENEA si è occupata del monitoraggio delle emissioni di CO2, ammoniaca, metano e idrogeno solforato, attraverso l’utilizzo sensori posti all’interno e sulla superficie dei cumuli, e dell’analisi delle caratteristiche chimico-fisiche del bioattivatore per valutare evoluzione, stabilità termica e decomposizione.

I primi test in campo sono stati condotti da ASTRA su campi coltivati a pomodoro a Cesena e a orzo in provincia di Foggia. In entrambi i casi i risultati preliminari si sono dimostrati promettenti. Nell’azienda di Cesena le produzioni di pomodoro da industria ottenute con l’impiego di POREM sono risultate comparabili dal punto di vista quantitativo a quelle ottenute con i fertilizzanti di sintesi e decisamente maggiori rispetto a quelle del campione non trattato; dal punto di vista qualitativo, i pomodori hanno raggiunto valori di contenuto zuccherino nettamente superiori, determinando un miglioramento del prodotto e quindi del suo valore commerciale. Questi risultati sono stati raggiunti con un minore quantitativo di azoto (-69%) per ettaro rispetto a quello impiegato con una fertilizzazione minerale raccomandato dai disciplinari di produzione integrata. Nel corso del 2020, sugli stessi appezzamenti di terreno, si ripeterà la prova, ma questa volta sulle coltivazioni di cavolo.

Nell’azienda in provincia di Foggia, i ricercatori hanno rilevato, fin dall’inizio della sperimentazione con POREM, una maggiore vigoria delle coltivazioni, una sorta di “effetto starter” che il bioattivatore potrebbe avere con effetti molto più evidenti in terreni degradati. Nella fase di raccolta, i lotti dove è stato impiegato POREM sono risultati significativamente più produttivi di quelli trattati con BIOAZOTO N12 (un fertilizzante ammesso al biologico) e non trattati. Attualmente il progetto è nella fase di analisi quantitativa e qualitativa dei raccolti di pomodoro e orzo trattati con il bioattivatore POREM.

“Il prossimo passo, una volta conclusa la sperimentazione in campo, sarà quello di verificare il miglioramento della qualità dei suoli. A breve, questo sarà possibile grazie all’impiego di sensori computerizzati, già in uso in agricoltura di precisione, che saranno in grado di rilevare le carenze del suolo e quindi di indicare quando e come usare il bioattivatore POREM”, conclude Strafella.

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