Il biologico piace e ed è più efficiente, soprattutto quando si parla di agricoltura. Ad affermarlo è un report di France Stratégie, centro studi governativo che ha il compito di guidare le decisioni per lo sviluppo economico, sociale e culturale della Francia.
Secondo lo studio, il modello agricolo convenzionale francese, pur contribuendo alla sicurezza alimentare, danneggia l’ambiente senza garantire un reddito sufficiente a tutti i produttori. L’agricoltura rappresenta il 20% delle emissioni di gas serra, per non parlare del suo contributo all’erosione della biodiversità e all’inquinamento dell’acqua e del suolo.
Va male anche dal punto di vista dei guadagni. Un quarto degli agricoltori francesi, infatti, vive sotto la soglia della povertà nonostante gli aiuti. L’agricoltura biologica, invece, sarebbe più redditizia innanzitutto perché la aziende che la pratica risparmiano sui costi di input (fertilizzanti e prodotti fitosanitari) e i prezzi dei prodotti biologici sono più alti.
I prodotti agrochimici impattano su suolo, acque superficiali e di falda, biodiversità, api, altri insetti utili e fauna selvatica. Non utilizzarli significa tutelare la biodiversità e le risorse naturali. Inoltre, quando si parla di agricoltura biologica, i prezzi meno volatili e la diversificazione della produzione è maggiore, garantendo nel complesso rendimenti più stabili nel lungo periodo.
Questi benefici, si legge nello studio, compensano i maggiori costi indotti da rese inferiori e dai costi aggiuntivi legati alla meccanizzazione del diserbo o all’utilizzo di più manodopera. In pratica un imprenditore agricolo può migliorare il suo reddito del 25%. Ciò senza considerare eventuali sussidi governativi nell’ambito della politica agricola comunitaria.
France Stratégie suggerisce anche dei metodi per velocizzare l’adozione di tecniche più sostenibili. Dalla tassazione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi nell’agricoltura convenzionale potrebbe derivare un sistema di bonus-malus negli aiuti pubblici per premiare i produttori biologici, in virtù delle pratiche amiche della biodiversità e del clima. Tra queste, la rotazione delle colture, il mantenimento di prati permanenti e la realizzazione di infrastrutture agroecologiche.
Di recente, con la strategia Farm to Fork, la Commissione europea ha sollecitato l’avvio di questa transizione nei Paesi membri, con obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2030: almeno il 25% dei terreni agricoli europei a coltivazione biologica, taglio del 50% dei pesticidi e degli antibiotici usati negli allevamenti, riduzione del 20% dei fertilizzanti chimici. Secondo i dati Eurostat, la quota annuale di fertilizzanti e pesticidi chimici di sintesi è di 23,5 chili per ogni europeo: sui campi europei se ne versano 12 milioni di tonnellate ogni anno.