Industria della neve e cambiamenti climatici sono alleati nel trasformare il volto delle montagne e a renderle non più il luogo della natura e del turismo sostenibile ma quello, troppo spesso, del degrado e dell’abbandono.
Superare la monocultura dello sci alpino è possibile con strategie e buone pratiche di sviluppo turistico sostenibile. Il Club alpino italiano, che da anni pone chiaramente la questione della direzione da intraprendere per il futuro della montagna, lo sostiene chiaramente nel un nuovo documento dedicato all’industria della neve nel contesto della crisi climatica. Il titolo è esplicativo: “Cambiamenti climatici, neve, industria dello sci. Analisi del contesto, prospettive e proposte”.
Il Presidente generale Vincenzo Torti scrive: «il documento recentemente approvato offre puntuali proposte sul come la montagna, le sue popolazioni ed i suoi frequentatori dovrebbero orientare scelte virtuose in unottica ambientale e di vivibilità, oltre che, e non è poco, effettivamente remunerative, senza dover drenare ulteriormente denaro pubblico e risorse naturali».
Il documento, insomma, delinea «in maniera chiara e inequivocabilmente motivata la posizione del Club alpino italiano rispetto a qualsivoglia ipotesi di creazione di nuovi impianti sciistici o ampliamento di quelli esistenti».
A sostegno di questa tesi, Torti evidenzia «gli oltre 300 impianti abbandonati, la stagnazione ormai consolidata del numero dei frequentatori dei comprensori sciistici, il crescente fabbisogno di risorse idriche per sopperire alla mancanza di neve e la necessità costante di finanziamenti “comuni” per consentire agli impiantisti di sopravvivere. Sarebbe veramente assurdo proseguire in una direzione che, da qualsivoglia punto di vista, appare destinata all’insuccesso, oltre a creare danno all’ambiente».
Non si parla solo di impianti o di turismo, ma di una nuova idea di come frequentare la montagna. Un’idea che passa dalla lentezza, dalla sostenibilità, dal concetto stesso del viverla e abitarla. A scrivere non sono solo gli esperti rappresentati del Club alpino, ma anche docenti universitari, economisti, alpinisti e scrittori.
Solo per citarne alcuni, l’alpinista Hervé Barmasse ricorda che «l’errore più grave è stato pensare che creare artificialmente la neve fosse la soluzione definitiva e non transitoria del problema». Lo scrittore Paolo Cognetti ritiene prioritario «educare, insegnare ai bambini e ai ragazzi che un altro rapporto con la neve, con la montagna d’inverno, che non sia lo sci su pista è possibile».