Un grave disastro ambientale ha colpito la costa mediterranea di Israele: almeno mille tonnellate di bitume sarebbero state trasportate dal mare lungo le coste, spinte dalla violenta tempesta e dalle mareggiate dei giorni scorsi. Si tratta del peggior disastro ambientale avvenuto in Israele negli ultimi dieci anni, che ha coinvolto circa il 40% della costa del Paese (per oltre 180 km), colpito 16 comunità e provocato gravi danni alla fauna marina.
Sulle spiagge sono stati rinvenuti animali vivi – uccelli, tartarughe marine e pesci – ricoperti dal catrame, mentre la corrente continua a portare a riva altre carcasse. Nella spiaggia di Nitzanim, lungo la costa meridionale, è comparso il corpo di un giovane di balenottera comune, il cui decesso però sembrerebbe non collegabile al disastro.
Per ripulire le spiagge e liberare gli animali dal catrame, l’ufficio israeliano di Greenpeace si è subito attivato insieme a numerose associazioni e volontari, che in poche ore hanno raccolto ben 3 tonnellate di catrame in soli 200 metri di costa. In un secondo momento si sono aggiunti l’esercito e le Autorità per i parchi. Successivamente il governo ha disposto la chiusura di tutta la costa interessata, per motivi di sicurezza e di salute pubblica.
L’origine e le circostanze del disastro non sono ancora state chiarite, ma a causare lo sversamento potrebbe essere stata una petroliera in navigazione a circa 50 chilometri dalla costa di Israele. Secondo alcune ipotesi, potrebbe non trattarsi di un incidente, ma di uno smaltimento illegale delle acque di lavaggio delle cisterne di petrolio greggio.
Quello che è certo è che dietro l’ennesimo disastro ambientale ci sono ancora una volta i combustibili fossili: il petrolio è da tempo il protagonista delle maree nere che ciclicamente calano una velenosa coltre sui nostri mari.
“Quello che sta accadendo sulle spiagge israeliane mostra quanto un sistema basato sui combustibili fossili sia pericoloso e inaffidabile – scrive Greenpeace – Ed è un campanello d’allarme per il governo israeliano che sta investendo pesantemente in nuovi oleodotti e gasdotti nel Mediterraneo, ignorando le richieste della società civile e della comunità scientifica”.
Invece di investire nella protezione degli ecosistemi marini più fragili, tra cui la barriera corallina di Eilat e del Mar Morto, il governo ha firmato di recente un accordo con gli Emirati Arabi Uniti per favorire il trasporto del petrolio verso l’Europa, attraverso l’oleodotto che collega la città di Eilat sul Mar Rosso, e il porto di Ashkelon, sulla costa mediterranea.
Questi nuovi progetti del governo israeliano per l’espansione delle infrastrutture di petrolio e gas non fanno altro che aumentare le probabilità di nuovi disastri in mare, non solo con l’inquinamento delle acque. Continuando a usare fonti fossili, uccidiamo il mare in almeno due modi: con gli sversamenti di idrocarburi e con l’aumento delle temperature marine causate dai cambiamenti climatici.
“Il petrolio è già stato responsabile di una lunga lista di disastri – conclude l’associazione – quanti altre immagini di ecocidi come questo dobbiamo vedere prima di dire basta alle fonti fossili? Questo ennesimo disastro deve essere un monito per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, inclusa l’Italia: il nostro, è in assoluto il mare al mondo più inquinato dagli idrocarburi”.