Dottore Forestale: chi è e che ruolo ha nella transizione ecologica

Custodi di boschi, foreste e biodiversità, i laureati in Scienze Forestali e Ambientali diventeranno protagonisti della transizione ecologica voluta da Cingolani

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La figura del Dottore Forestale risale a circa tre secoli fa quando, nel 1713, Hanns Carl von Carlowitz, contabile forestale, pubblicò il volume “Silvicoltura economica” nel quale manifestò la necessità di riconoscere la personalità suddetta, mettendo in luce come la corretta gestione forestale sia alla base della conservazione dei boschi e dell’ambiente. Il curriculum di studio, per la formazione del Dottore Forestale, non subisce sostanziali modifiche nel tempo, ma le sue competenze sono molteplici, in continua evoluzione ed al passo con la natura, definendone la complessa dinamicità.

La culla degli studi agrari e forestali, in Italia, è la regione Toscana dove nel 1869 fu fondato il “Regio Istituto Forestale” di Vallombrosa, trasferito nel 1912-1913 nella Villa Granducale alle Cascine di Firenze e trasformato in “Regio Istituto Superiore Forestale Nazionale”. La legislazione del nuovo Istituto prevedeva l’obbligo di possesso di un titolo di laurea in Scienze Agrarie o Ingegneria e successiva specializzazione (ottenibile frequentando, per un biennio, l’Istituto Superiore Forestale Nazionale) per tutti i futuri amministratori forestali.

L’istruzione in campo agro-forestale, l’adozione delle più opportune tecniche colturali e il necessario investimento in capitali furono le iniziative intraprese al fine di promuovere lo sviluppo e il progresso della società. L’ambito forestale fu, di fatto, svincolato da quello agrario mediante il conferimento specifico della laurea in Scienze Forestali, dall’anno accademico 1933-1934, nell’Università degli Studi di Firenze. L’obiettivo, da Vallombrosa all’attualità, è quello di formare figure competenti e razionalmente responsabili nella gestione e valorizzazione dell’ambiente e delle foreste.

Attualmente vi sono 11 Corsi di Laurea in Scienze Forestali e Ambientali in diverse città italiane: Torino, Padova, Firenze, Ancona, Viterbo, Campobasso, Napoli, Potenza, Reggio Calabria, Palermo e Sassari. Dal punto di vista strutturale ed organizzativo, essi sono similari per erogazione degli insegnamenti attivi, organizzazione della didattica e modalità di svolgimento delle attività pratiche e di laboratorio, peculiari del settore forestale. Tuttavia, dall’analisi specifica e singolare dei corsi (sia triennali che magistrali), è emersa una significativa differenziazione di alcune Università rispetto ad altre, in termini di maggiore offerta formativa. Altro elemento distintivo è la presenza di soli due percorsi internazionali ed erogati in lingua inglese: si tratta dei Corsi di Laurea Magistrale delle Università di Padova e della Tuscia, con i quali è rilasciato il double degree, in accordo con le varie Università Partner.

Diversi curricula tra cui poter scegliere, percorsi innovativi e transnazionali attraverso i quali sentirsi realmente “cittadini del mondo”, potrebbero tradursi in un fattore di competizione tra le Università, dotate di più o meno forza attrattiva, perciò determinare una variabile partecipazione al percorso universitario oggetto di analisi. Gli obiettivi perseguiti dagli Atenei sono tendenzialmente unificati nella volontà di formare giovani laureati che sappiano agire in modo responsabile e razionale, mediante concreti interventi di progettazione, programmazione, gestione e produzione forestale sostenibile in relazione alle mutevoli esigenze sociali – economiche – ambientali.

Nel contesto attuale, nel quale l’ecosistema è fortemente alterato dall’irrazionale azione antropica che è causa, primo tra tutti, dell’imponente problema dei cambiamenti climatici, ripartire dall’agricoltura e dalle foreste, potrebbe essere fondamentale nella lotta al degrado ambientale e costituire una possibile speranza di risoluzione futura. Le tematiche ecologiche e naturalistiche, trattate dal Corso di Laurea, risultano ora più che mai essenziali al contrasto del declino ambientale e degli eventi climatici estremi, come siccità ed alluvioni, sempre più frequenti e di notevole intensità.

È necessario essere preparati ad affrontare le nuove sfide che la natura ci impone e imparare ad assecondare naturalmente il suo corso, senza intralciarlo o deviarlo verso un’evoluzione estrema dei suoi cicli. I social network influenzano costantemente le nostre vite con le tendenze del presente. Analogamente, si potrebbe sfruttare l’efficacia comunicativa dei social per sensibilizzare la collettività verso confacenti abitudini atte a ridurre l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo e tutti i danni scelleratamente perpetuati a discapito dell’ambiente e dell’uomo stesso.

A riguardo, l’orientamento dell’Unione Europea approda al Green New Deal, un’ardua sfida con l’obiettivo di raggiungere un impatto climatico zero entro il 2050: “Il Green Deal europeo è la nostra nuova strategia per la crescita. Ci consentirà di ridurre le emissioni e di creare posti di lavoro”, queste le parole del Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Il nuovo “patto verde” prevede una transizione, corretta ed equa, verso un’economia sostenibile, realizzabile mediante un ingente piano d’investimento da distribuire, equilibratamente, tra tutti i Paesi membri, nessuno escluso: all’Italia spettano 364 milioni di euro.

La recente istituzione del Ministero della Transizione Ecologica, guidato dal Ministro Roberto Cingolani, mira ad un “cambiamento sostanziale del paradigma energetico italiano” per trasformare l’attuale crisi socio-ambientale in opportunità di crescita e di ripristino delle compromesse risorse naturali: “Voglio porre l’accento sul nuovo acronimo del ministero: MiTE. La mitezza è la virtù perduta che va recuperata e che indica il modo in cui intendiamo operare – dichiara Cingolani – puntare sulla forza degli argomenti e sulla consapevolezza della sfida ambientale e sociale, confrontandosi con grande apertura, avendo a cuore le future generazioni”.

Da queste riflessioni, scaturisce la necessità di ridare valore alla figura del laureato in Scienze Forestali e Ambientali come mediatore culturale al centro di un ambizioso progetto di transizione ecologica. La difesa dell’ambiente è ormai un’indiscussa urgenza e la suddetta professionalità risulta tra le più idonee all’attuazione delle misure di salvaguardia dell’ecosistema forestale e terrestre, in modo sostenibile: soddisfare le esigenze attuali senza compromettere quelle delle generazioni future.

L’uomo che conosce la natura interviene consapevolmente su di essa e la protegge, pur sfruttandone razionalmente i beni che vi si possono ricavare. Il lavoro del futuro è in campo: biorisanamento – riforestazione – conservazione e valorizzazione della biodiversità sono solo alcune delle attuali ed innumerevoli richieste alle quali egli può assolvere, grazie alla preparazione e dimestichezza nel settore agro-forestale.

Il trend di occupazione in questi ambiti, nell’ultimo periodo, è rappresentato da uno sviluppo positivo ed incoraggiante: un laureato su due trova impiego dopo la laurea. Sono tante le offerte di lavoro nelle quali è ricercato un “curriculum green” ed il laureato in Scienze Forestali e Ambientali, in virtù della sua poliedricità, è conforme alle nuove tendenze socio-ambientali volte a ristabilire l’armonico equilibrio tra uomo e natura.

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