Il nostro stile di vita ha un grande impatto sul clima, a partire dall’alimentazione che rappresenta una delle principali cause del climate change. È quanto suggerisce il rapporto “Cambiamento climatico e territorio”, diffuso dal comitato scientifico dell’Onu sul clima (l’Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC).
Tutti sappiamo che l’utilizzo dell’auto, i sistemi di riscaldamento e raffreddamento domestico, le fabbriche producono inquinamento, meno spesso ci siamo fermati a pensare a quanto inquini ciò che mangiamo. Basti pensare che il 72% delle terre emerse viene sfruttato per nutrire una popolazione in costante aumento. L’agricoltura globale è responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra dovute all’attività umana, mentre da soli bovini e risaie sono responsabili della metà delle emissioni globali di metano, uno dei gas serra più micidiali. Inoltre, lo sfruttamento intensivo dei terreni agricoli ha contribuito all’erosione e all’impoverimento del suolo oltre che alla deforestazione.
La sola zootecnica è responsabile del 18% delle emissioni: l’intera filiera di produzione della carne, dall’allevamento al consumo, richiede un notevole utilizzo di terra, acqua, pesticidi e fertilizzanti chimici, con una pesante ricaduta sulla biodiversità.
Lo sfruttamento intensivo di terre coltivabili che il riscaldamento renderà sempre più ridotte in estensione è un lusso che oggi non possiamo più permetterci, sottolinea il documento dell’Intergovernmental Panel on Climate Change. C’è da rivedere l’intero approccio del pianeta Terra alla produzione e al consumo di cibo perché siamo arrivati a un punto in cui non è più possibile pensare che per tagliare le emissioni basti agire soltanto sul fronte dell’energia e dei trasporti.
Tutti vegetariani e vegani, quindi? Potrebbe essere una soluzione ma, senza voler essere così drastici, basterebbe cambiare lo stile alimentare riducendo il consumo di carne, che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente.
“Le diete bilanciate con alimenti a base vegetale, come cereali a grana grossa, legumi, frutta e verdura e alimenti di origine animale prodotti in modo sostenibile in sistemi a basse emissioni di gas a effetto serra, offrono importanti opportunità di adattamento e limitazione dei cambiamenti climatici”, spiega Debra Roberts, copresidente del gruppo di lavoro IPCC II, che ha contribuito alla relazione.
Per limitare l’innalzamento della temperatura globale è quindi necessario un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari verso diete a basse emissioni di carbonio, che prevedono un consumo maggiore di vegetali e frutta, e una sostanziale riduzione di consumi di carni rosse. Queste diete hanno anche notevoli vantaggi in termini di salute. Non dimentichiamo poi che a livello mondiale oggi 821 milioni di persone sono denutrite (una persona su 10) mentre due miliardi sono invece affette da obesità (2,5 persone su 10).
“Non vogliamo dire alle persone cosa devono mangiare – aggiunge Hans-Otto Pörtner, uno dei membri del gruppo di lavoro dell’IPCC – ma rappresenterebbe senza dubbio un beneficio, sia per il clima che per la salute umana, se la popolazione dei Paesi ricchi consumasse meno carne, e se i politici creassero incentivi appropriati per raggiungere questo scopo”.
Non meno importante è l’evitare gli sprechi alimentari. Secondo il rapporto, il 25-30% di tutti gli alimenti prodotti non viene mai mangiato, mentre milioni di persone nel mondo non hanno il cibo necessario a garantirgli il sostentamento vitale.
Il rapporto dell’IPCC fornisce anche altri spunti interessanti:
– Dal periodo preindustriale la temperatura sulle terre emerse è già aumentata di 1,53 gradi centigradi. La media globale dell’aumento è di 0,87 tenendo conto della variazione di temperatura sopra gli oceani.
– Più di un quarto della terra del Pianeta è soggetta al “degrado indotto dall’uomo” e la produzione di bioenergia può rappresentare un pericolo consistente per la sicurezza alimentare e la degradazione del suolo.
– È fondamentale procedere all’eliminazione graduale dei combustibili fossili perché concentrarsi unicamente sull’uso del suolo non basterà per vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici
– Il 23 per cento delle emissioni umane di gas a effetto serra derivano proprio dalla deforestazione, dagli incendi e dall’agricoltura industriale.